Leone XIV: “ascoltare il grido dei poveri”, “non ci potrà essere pace senza giustizia”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Noi tutti vogliamo essere fra i poveri del Signore, perché la nostra vita è un dono di Dio e lo riceviamo con tanta gratitudine”. Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha salutato ieri sul sagrato di piazza San Pietro i moltissimi fedeli che non sono riusciti ad entrare nella basilica, per la messa del Giubileo dei poveri. La Chiesa, “forse soprattutto in questo nostro tempo ancora ferito da vecchie e nuove povertà, vuole essere madre dei poveri, luogo di accoglienza e di giustizia”, ha ribadito il Papa riconsegnando ai presenti le parole del Signore contenute nella sua prima esortazione apostolica, “Dilexi te”: “A fronte della nostra piccolezza e povertà, Dio ci guarda come nessun altro e ci ama di amore eterno”. “Quante povertà opprimono il nostro mondo!”, ha esclamato Prevost: “Sono anzitutto povertà materiali, ma vi sono anche tante situazioni morali e spirituali, che spesso riguardano soprattutto i più giovani. E il dramma che in modo trasversale le attraversa tutte è la solitudine”. Di qui l’invito a “guardare alla povertà in modo integrale, perché certamente occorre a volte rispondere ai bisogni urgenti, ma più in generale è una cultura dell’attenzione quella che dobbiamo sviluppare, proprio per rompere il muro della solitudine”. “Oggi, soprattutto gli scenari di guerra, presenti purtroppo in diverse regioni nel mondo, sembrano confermarci in uno stato di impotenza”, l’analisi del Papa: “Ma la globalizzazione dell’impotenza nasce da una menzogna, dal credere che questa storia è sempre andata così e non potrà cambiare. Il Vangelo, invece, ci dice che proprio negli sconvolgimenti della storia il Signore viene a salvarci. E noi, comunità cristiana, dobbiamo essere oggi, in mezzo ai poveri, segno vivo di questa salvezza”. Di qui l’appello, rivolto ai capi degli Stati e i responsabili delle nazioni, ad “ascoltare il grido dei più poveri”: “Non ci potrà essere pace senza giustizia e i poveri ce lo ricordano in tanti modi, con il loro migrare come pure con il loro grido tante volte soffocato dal mito del benessere e del progresso che non tiene conto di tutti, e anzi dimentica molte creature lasciandole al loro destino”.

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