Alzheimer: nuovo studio Campus Biomedico Roma e Santa Lucia Irccs individua meccanismo chiave per progressione malattia

Il meccanismo descritto negli esperimenti condotti su modelli sperimentali associa la perdita combinata di dopamina e serotonina all’attivazione di processi infiammatori. Tali eventi scatenano l’iperfosforilazione della proteina tau, e accelerano la deposizione di placche amiloidi, determinando un peggioramento dei sintomi cognitivi tipici della malattia di Alzheimer. È quanto emerge dallo studio italiano – coordinato da Marcello D’Amelio, ordinario di fisiologia all’Università Campus Biomedico di Roma e direttore del Laboratorio di Neuroscienze molecolari del Santa Lucia Irccs di Roma, in collaborazione con l’Università Cattolica, la Fondazione Policlinico universitario “A. Gemelli” Irccs, il Dipartimento di ricerca traslazionale dell’Università di Pisa e l’Irccs Neuromed di Pozzilli – pubblicato il 13 ottobre su Molecular Neurodegeneration. La ricerca ha dimostrato che il danno a carico di specifici nuclei del mesencefalo, deputati alla produzione di dopamina e di serotonina (Nucleo Interpeduncolare), innesca potenti processi di neuroinfiammazione nell’ippocampo, una delle aree cerebrali più colpite nell’Alzheimer, la cui degenerazione porta alla perdita di memoria, segno clinico della malattia.  Dal punto di vista terapeutico i ricercatori hanno osservato che, nei modelli sperimentali, aumentando i livelli di dopamina o di serotonina è possibile ridurre in maniera significativa la neuroinfiammazione e l’iperfosforilazione della proteina tau. Evidenze che aprono la strada a strategie di medicina di precisione mirate a rallentare la progressione dell’Alzheimer in pazienti con vulnerabilità mesencefalica.
“Ripristinare l’equilibrio dei sistemi dopaminergico e serotoninergico potrebbe quindi rappresentare un nuovo approccio terapeutico per contribuire a rallentare l’evoluzione della malattia”, spiega D’Amelio. I risultati di questa ricerca non solo gettano nuova luce sui meccanismi patogenetici dell’Alzheimer, ma aprono anche prospettive di studio applicabili ad altre malattie neurodegenerative come altre forme di demenza e la malattia di Parkinson.
L’Alzheimer colpisce in Italia circa 1,2 milioni di persone e rappresenta la principale causa di demenza. Ogni anno vengono diagnosticati oltre 150mila nuovi casi, con un impatto notevole sulle famiglie: più dell’80% dell’assistenza quotidiana ricade infatti sui familiari e sui caregiver che affrontano la malattia insieme al paziente.

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