Covid-19. Cauda (Gemelli): “Super Green pass nei luoghi di lavoro più percorribile di obbligo vaccinale”

Mezza Italia è da ieri in zona gialla, mentre è attesa dal Consiglio dei ministri di domani un'ulteriore stretta. E intanto oggi inizia la distribuzione alle Regioni della pillola antivirale molnupiravir. Il punto con Roberto Cauda, ordinario di malattie infettive all’Università Cattolica e direttore dell’Unità di malattie infettive al Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma, da qualche settimana anche consulente dell’Ema

(Foto ANSA/SIR)

Con la forte risalita dei contagi legata a Omicron, da ieri mezza Italia è in zona gialla. A fronte dei circa 6 milioni di adulti non vaccinati, Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della Sanità e membro del Cts, ha parlato di “condizioni mature” per l’obbligo vaccinale, mentre è al vaglio del Governo l’ipotesi di estensione del Super Green pass per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro. Nel frattempo oggi inizia la distribuzione alle Regioni della pillola antivirale molnupiravir da parte della Struttura commissariale. “Questi 6 milioni di non vaccinati pesano sulla diffusione del virus, anche se ovviamente non ne sono l’unica causa”, spiega al Sir Roberto Cauda, ordinario di malattie infettive all’Università Cattolica e direttore dell’Unità di malattie infettive al Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma, nominato da qualche settimana consulente esterno dell’Agenzia europea del farmaco (Ema).

Professore, ad oggi che cosa sappiamo di Omicron?
Omicron provoca sintomi meno gravi di Delta perché ha più probabilità di colpire le vie aeree superiori (naso e gola) rispetto ai polmoni, però è più trasmissibile. Pertanto, se alla crescita esponenziale di soggetti infettati con Omicron non corrisponde una crescita percentuale di ricoveri in area critica e terapia intensiva, o di decessi, pari a quella che si verificava con Delta, con numeri imponenti di contagi come quelli di questi giorni, anche la percentuale più bassa di forme gravi può tradursi in numeri importanti il cui peso sugli ospedali si farà – e si fa già – inevitabilmente sentire. Com’è noto, il cambio di colore delle regioni è guidato dalla percentuale di soggetti ricoverati in terapia intensiva e in area medica e ha l’obiettivo di evitare che l’offerta assistenziale degli ospedali sia limitata soltanto al Covid e gli altri pazienti ne abbiano nocumento.

Domani il Consiglio dei ministri deciderà su un’ulteriore stretta. Che cosa pensa dell’eventualità di obbligo vaccinale o di Super Green pass obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro?
In questo scenario,

l’introduzione dell’obbligo vaccinale è un’opzione che va tenuta in grande considerazione.

Si tratta ovviamente di una scelta di natura politica, ma dal punto di vista medico prevenire un’infezione è meglio che curarla. Nei circa 6 milioni di non vaccinati c’è una percentuale non quantificabile in maniera precisa, ma certamente non molto elevata, di soggetti ideologicamente contrari a questo vaccino e a tutti i vaccini in generale, ma esiste anche una percentuale molto più alta di esitanti. Mi auguro che l’arrivo dei due nuovi vaccini Novavax e Valneva – il primo già approvato dall’Ema, il secondo in attesa di esserlo -, sieri non genici ma più tradizionali perché basati sul virus inattivato, riesca a superare i timori degli scettici inducendoli alla vaccinazione. Anche la riduzione del perimetro di movimento dei non vaccinati attraverso l’introduzione del Super Green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro potrebbe essere un’altra via “persuasiva”. Anzi forse più percorribile dell’obbligo vaccinale che potrebbe essere disatteso da molti e pertanto non risolutivo.

Qual è il suo giudizio sull’eliminazione della quarantena per i vaccinati con la terza dose?
Si tratta di un compromesso tra la necessità di ridurre la circolazione del virus e quella di evitare la paralisi del Paese. Personalmente mi trova favorevole perché dà un segnale forte: chi è vaccinato si trova in una condizione diversa rispetto a chi non lo è o a chi non ha ancora ricevuto la terza dose. L’impatto epidemiologico dei soggetti con terza dose eventualmente infettati, e potenzialmente in grado di trasmettere il virus, è minimo rispetto agli altri. In una logica rischio-beneficio è maggiore il beneficio del rischio.Da oggi la Struttura commissariale distribuirà alle Regioni il farmaco antivirale molnupiravir di Merck, il primo disponibile nel nostro Paese. Che cosa cambierà?
E’ certamente una buona notizia. Somministrato a pazienti a rischio per via orale, quindi a domicilio, entro cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi, molnupiravir riduce il rischio di ospedalizzazione e di forme gravi perché controlla la fase viremica dell’infezione. Insieme ai monoclonali, gli antivirali – è in arrivo anche il paxlovid di Pfizer, e ne seguiranno altri – costituiscono indubbiamente un’importante risorsa ma l’impatto concreto sulla vita reale dipenderà dalla quantità che le aziende riusciranno a mettere a disposizione, non solo in Italia ma nei diversi paesi del mondo.

Tuttavia, la principale barriera contro il Covid-19 rimane il vaccino.

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