Leone XIV. Fabris: “La sua commozione ci parla di grande sensibilità e di consapevolezza del grave compito che lo attende”

Il professore di Filosofia morale e di Etica della Comunicazione all’Università di Pisa analizza la prima apparizione di Papa Prevost dalla Loggia delle Benedizioni

(Foto Calvarese/SIR)

Commozione palpabile, in mano dei fogli da cui ha letto il discorso che ha scritto, un sorriso dolcissimo di padre che abbraccia tutta la Chiesa e tutto il mondo, le prime parole che dicono di pace, la pace di Cristo Risorto, di un Dio che ci ama tutti incondizionatamente. Un’Ave Maria recitata con il popolo di Dio in festa per il nuovo pastore. Così si è presentato al mondo Leone XIV, quando per la prima volta si è affacciato alla Loggia esterna della Benedizione della basilica vaticana per salutare il popolo e impartire la Benedizione Apostolica “Urbi et Orbi”. Ne parliamo con Adriano Fabris, professore di Filosofia morale e di Etica della Comunicazione all’Università di Pisa.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Professore, è restato colpito da cosa nella prima apparizione di Leone XIV?

La prima cosa che mi ha colpito è che Leone XIV era veramente commosso: inquadrato più volte dalla televisione, tratteneva la commozione e questo indica la sensibilità, la consapevolezza del grave compito che lo attende. Anche quello che ha detto alla fine, il pensiero al giorno della Supplica alla Madonna di Pompei è stato un affidarsi alla Vergine ed è da leggersi come la richiesta di un sostegno per il ministero che lo attende. Ha uno stile diverso da Papa Francesco, che ci ha sorpresi dodici anni fa con un buona sera. La prima frase pronunciata da Leone XIV – “La pace sia con tutti voi!” -, questo suo desiderio che tale saluto di pace entrasse nel cuore di chi lo ascoltava, raggiungesse le famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli, tutta la terra, già è un segno importante di quello che, per Papa Prevost, vuole essere la missione della Chiesa e di tutti i cattolici in questo momento.

L’essersi presentato con in mano dei fogli per leggere discorso scritto è una novità… I suoi predecessori che hanno rivolto qualche parola ai fedeli prima della benedizione sono andati a braccio…

Sì, un discorso scritto a mano, forse per dire parole precise, anche se poi qualche frase più improvvisata l’ha inserita.

L’impressione che ha dato è di un riserbo, di un controllo in senso positivo. Vedo la cifra di questo controllo nelle lacrime trattenute, trasmesse in mondovisione.

Poi mi ha colpito un italiano corretto, inizialmente leggeva ma poi ha fatto degli interventi non scritti, come dicevo. Ed è emersa la sua esperienza prima di missionario in Perù, poi di vescovo a Chiclayo e anche di presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, quando ha rivolto un saluto in spagnolo, in particolare ai fedeli della diocesi che ha guidato, suscitando l’entusiasmo dei latinoamericani presenti a Piazza San Pietro.

Che tipo di comunicatore le è sembrato da questa prima apparizione Papa Prevost?

È forse un comunicatore – ma su questo pesava sicuramente la consapevolezza della grave responsabilità assunta – meno trascinatore di altri Pontefici, penso a Giovanni Paolo II e allo stesso Papa Francesco con la sua comunicazione molto semplice e lineare, ma è molto preciso, ha posto le questioni fondamentali indicando la direzione che la Chiesa deve prendere sotto il suo papato. Innanzitutto, una direzione di continuità, ha citato esplicitamente più volte Papa Francesco, lo ha ringraziato. Una direzione in cui al centro è emersa la pace, in un periodo di guerra a pezzi, come diceva Papa Bergoglio, in un periodo di guerre crudelissime. E più volte Leone XIV ha ripetuto il termine pace. Collegato al termine pace ha ripreso un’altra metafora usata da Papa Francesco: quella di gettare ponti. Poi ha ripetuto per due o tre volte il termine dialogo e il compito di favorire il dialogo che è proprio dei cattolici. Sottolineerei che Leone XIV ha parlato di pace e di giustizia. Anche se ha usato altri termini che andavano nella direzione dell’accoglimento, dell’apertura usando la metafora di piazza San Pietro e delle due braccia che si aprono al mondo, invece non ha usato una delle parole chiave di Papa Francesco, misericordia. Un altro termine chiave delle parole di Leone XIV è missione, lui stesso è stato missionario, quindi il suo desiderio di una Chiesa missionaria.

Prima lei faceva riferimento al pensiero del Papa alla Madonna di Pompei. Leone XIV ha poi coinvolto tutti i fedeli nella preghiera mariana.

Ha comunicato molto e lo ha fatto nei termini di un pastore che non nasconde la sua provenienza, ha ricordato che è agostiniano e ha citato un motto di Sant’Agostino che sottolineava l’essere del vescovo al servizio della Chiesa e insieme agli altri fedeli: “Con voi sono cristiano e per voi vescovo”. Ed è stato un bel momento di preghiera, fede, comunione, richiesta di intercessione alla Madre del Signore e Madre nostra quell’Ave Maria recitata tutti insieme.

Il nome che ha scelto Papa Prevost cosa ci suggerisce?

Leone XIII è il Papa delle encicliche sociali. Anche qui una direzione chiara che si pone sulla scia anche dei Papi precedenti, penso a Giovanni Paolo II e a Papa Francesco, con la consapevolezza di dover rispondere a quelle che sono le attuali urgenze del mondo. Credo che Leone XIV sia l’interprete di una sintesi: è un Papa nato a Chicago e potrà parlare con gli interlocutori americani, nella stessa lingua, conoscendo il contesto americano e anche la situazione della Chiesa americana. È stato in missione in Perù e conosce molto bene l’area dell’America Latina, che è un grandissimo serbatoio per la Chiesa mondiale, un’area che aveva la necessità di vedere confermata l’attenzione della chiesa. Da alcuni anni è in Vaticano e conosce anche la “macchina” della Curia Romana. Quindi

gli aspetti di sintesi e di mediazione si sono ritrovati nella sua figura.

Le sue parole vanno nella scia della continuità con i suoi predecessori, allargando ulteriormente l’orizzonte ad una messa in ordine dei problemi sociali. Forse questo il nome di Leone XIV ci vuole dire.

L’abbigliamento che ha scelto per presentarsi al mondo, la mozzetta sulla talare bianca, ci dice qualcosa? Un desiderio di comporre le varie anime della Chiesa?

Comporre le varie anime della Chiesa è una delle esigenze emerse a vari livelli e dato che il linguaggio del corpo e non verbale conta anche molto certamente il modo in cui si è presentato vestito può aver questo significato. Ma sottolineerei che pur vestito in questo modo tradizionale abbiamo visto un Papa commosso. Questo ci dice che non si può tornare indietro rispetto al Papa umano che era Papa Francesco.

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