“Non è possibile separare completamente il loro comportamento professionale dalla loro vita privata”. Lo affermano i vescovi svizzeri nella presa di posizione dedicata al rapporto tra stile di vita personale, nomine e mandati episcopali degli operatori pastorali. Nel documento si ricorda che essi “sono personaggi pubblici che vengono giudicati nel complesso del loro stile di vita in base ai valori della fede cristiana che proclamano” e che, allo stesso tempo, “anche le persone pubbliche hanno diritto alla vita privata e familiare” perché “ogni essere umano ha bisogno di spazi protetti per lo sviluppo personale e privato”. Al centro del testo la questione della credibilità ecclesiale: la forza degli operatori si misura “con uno stile di vita conforme al Vangelo”. I vescovi evidenziano inoltre che “le contraddizioni evidenti tra i due ambiti possono risultare scandalose” e che l’esposizione costante all’osservazione esterna può essere “stressante”. Dal punto di vista pastorale richiamano che “la strada della Chiesa è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione”, ricordando le parole di Amoris laetitia. Per la pratica delle nomine chiedono “un approccio trasparente che tenga conto delle circostanze personali e delle relative difficoltà” e un “dialogo onesto” che prevenga “un clima di paura” e l’occultamento di informazioni. Concludono esprimendo il desiderio di rimanere “in un dialogo personale, onesto e fraterno” con gli operatori e ringraziandoli per l’impegno quotidiano.