Vescovi lombardi: pellegrinaggio in terra Santa. Mons. Delpini: “Siamo presenti in questa terra benedetta e tormentata per ricevere luce, ardore, pazienza, fiducia”

(dall’inviato in Terra Santa) – “Che cosa abbiamo da dire a questo tempo, a questa terra, a questa gente? Forse il desiderio e l’invocazione si sono spenti. Forse uomini e donne di questo tempo non si aspettano un gran che da noi. Eppure, noi abbiamo bisogno del compimento della gioia: ‘queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,4)’”. Così si è espresso mons. Mario delpini, arcivescovo di Milano durante l’omelia della messa odierna. “Le nostre parole consumate dall’uso, le nostre pigrizie e timidezze, i nostri timori e confusioni non sono una obiezione, una pastoia, se tutto quello che facciamo ritrova il suo principio: noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito, pieno di grazia e di verità (Gv 1,14)’. Siamo presenti in questa terra benedetta e tormentata per ricevere luce, ardore, pazienza, fiducia”. “E siamo qui per pregare: ‘Ma ora è giunto il tempo che devi riapparire a tutti noi e dare un segno perentorio e irrecusabile a questa generazione. Tu vedi, Gesù, il nostro bisogno; tu vedi fino a che punto è grande il nostro grande bisogno; non puoi fare a meno di conoscere quanto è improrogabile la nostra necessità, come è dura e vera la nostra angustia, la nostra indigenza, la nostra disperanza; tu sai quant’è necessario un tuo ritorno. Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro’”. Mons. Delpini usa le parole di Giovanni Papini (Storia di Cristo). “Tu solamente, che ci ami, puoi sentire per noi tutti che soffriamo la pietà che ciascun di noi sente per sé stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c’è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo. […] Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che sanno”. L’arcivescovo di Milano ha concluso: “Noi vogliamo soltanto te, la tua persona, il tuo povero corpo trivellato e ferito, colla sua povera camicia d’operaio povero; vogliamo veder quegli occhi che passano la parete del petto e la carne del cuore, e guariscono quando feriscono collo sdegno, e fanno sanguinare quando guardano con tenerezza. E vogliamo udire la tua voce che sbigottisce i demoni da quanto è dolce e incanta i bambini da quanto è forte. Tu sai quanto sia grande, proprio in questo tempo, il bisogno del tuo sguardo e della tua parola”.

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