Diocesi: mons. Moraglia (Venezia), “drammatiche le immagini dall’Ucraina ma soprattutto da Gaza dove si vive una situazione umanamente inaccettabile”

(Foto ANSA/SIR)

“Non possono lasciarci indifferenti le drammatiche immagini che arrivano dall’Ucraina ma soprattutto da Gaza dove si vive una situazione umanamente inaccettabile. Siamo vicini a quelle popolazioni e, in particolare, alla comunità parrocchiale della Sacra Famiglia colpita in questi giorni con morti e feriti, tra cui il parroco”. È un passaggio dell’omelia del patriarca di Venezia Francesco Moraglia, pronunciata ieri sera in occasione della messa per la festa del Santissimo Redentore nell’omonima basilica votiva palladiana nell’isola della Giudecca. “Viviamo – ha esordito il presule – questa festa del Redentore nel contesto dell’Anno giubilare e siamo invitati a guardare a Lui come alla ‘porta’ della salvezza, all’unica ‘nostra speranza’”, pur in “un presente e un futuro, purtroppo, carichi di preoccupazioni, timori, guerre, insieme a tanti desideri e progetti”.

“Sciogliere le catene e spezzare i gioghi – ha proseguito Moraglia – ci porta a guardare alle persone oppresse e in difficoltà, alle persone affaticate e rese fragili dalle circostanze della vita da cui non possono liberarsi oppure da una mancata educazione, non di rado per carenza di buoni esempi”. “Come non pensare poi ai peccati che gravano sulla vita nascente, sulla vita di chi è scartato oppure sulla vita che si sta spegnendo? È sempre la stessa vita che domanda dignità, cura e vicinanza. Si deve rispetto all’ambiente – certo! –, si deve rispetto agli animali – certo! –, ma prima si deve rispetto all’uomo, sempre! L’ecologia è veramente tale se è integrale e se inizia dall’uomo”.
Il pensiero del patriarca è quindi andato alle carceri: “una situazione che richiede speciale attenzione affinché quel luogo e quel tempo siano per tutti (detenute e detenuti, polizia penitenziaria, personale, educatori, volontari ecc.) una vera apertura di speranza e una reale possibilità di ripartire, non un’ulteriore condanna”. Di qui “un pensiero e una preghiera per Alberto Trentini, il cooperante originario del Lido di Venezia da più di otto mesi in carcere in Venezuela. Siamo vicini alla sua famiglia, in modo particolarissimo a mamma Armanda, e confidiamo che le autorità competenti facciano il possibile per risolvere al più presto una situazione che si trascina ormai da tempo”.
Sciogliere le catene e spezzare ogni giogo: grazie al Signore Gesù – il Redentore – è possibile. Dobbiamo esserne convinti e fare la nostra parte! Così, in questo anno giubilare, siamo tutti pellegrini di speranza chiamati a ritornare a Dio, ossia a convertirci, e chiamati a stare uniti a Cristo per invocare da Lui misericordia e pace, così da diventare, anche noi, grazie alla conversione, segni reali e quotidiani di speranza.

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