“Oggi, dopo decenni, possiamo riconoscere quanto la riforma e la legge 222 dell’85 sia diventata un pilastro fondamentale del sostentamento ecclesiale, ma anche un simbolo di un cambiamento profondo che ha richiesto non solo coraggio ma una grande visione del futuro”. Lo ha affermato oggi pomeriggio mons. Luigi Testore, vescovo di Acqui e presidente dell’Istituto centrale per il Sostentamento del clero, intervenendo a Bologna al convegno nazionale “1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Icsc a quarant’anni dalla legge n. 222/1985 che ha riformato i rapporti tra Stato e Chiesa, superando il sistema della congrua e dei benefici ecclesiastici.
Parlando del card. Attilio Nicora, tra gli artefici di quella “vera e propria rivoluzione”, il vescovo ha condiviso alcuni ricordi personali per averlo avuto come docente quando studiava nel Seminario di Milano. Poi ne ha rammentato “il contributo alla riforma degli anni ‘80” che “fu decisivo in qualità di guida autorevole della Commissione paritetica incaricata di delineare il nuovo assetto normativo dei rapporti tra a Stato e Chiesa”. In quel “cambiamento epocale”, ha proseguito mons. Testore, Nicora “seppe farse interprete di un dialogo autentico, capace di convincere senza mai imporre”. Fu anche impegnato ad aiutare “i suoi confratelli vescovi a comprenderne appieno il valore storico di questa riforma”. La sua – ha continuato – era una “visione profonda e lungimirante”, nella convinzione che “c’è espressamente un valore pastorale nella corretta amministrazione dei beni”. Notando poi “come alcune preoccupazioni di allora siano valide anche oggi”, mons. Testore ha osservato che “non tutte le diocesi italiane hanno lavorato nello stesso modo nell’adempiere alle richieste; certo, tutte hanno costituito i loro Istituti diocesani, ma non tutte hanno provveduto altrettanto bene nel trasferimento dei beni secondo le indicazioni allora date dalla Cei. Molti Istituti hanno fatto fatica ad avere piena conoscenza del loro patrimonio in tempi ragionevoli e persino oggi, a quarant’anni di distanza, ci sono ancora situazioni complesse e non chiare dal punto di vista patrimoniale”.
Per mons. Testore, “quella che inizialmente poteva sembrare una semplice modifica del sistema di finanziamento della Chiesa in Italia si è rivelata una vera e propria rivoluzione, un passaggio storico che ha inciso non solo sul piano economico, ma anche su quello relazionale e culturale. L’intuizione di collegare la libertà del cittadino alla scelta di destinare una parte della propria imposta per il sostentamento della Chiesa, senza vincolare la scelta a specifiche imposizioni, ha rappresentato un atto di fiducia reciproca tra le istituzioni e i fedeli; non si trattava più solo di un supporto economico, ma di una rinnovata consapevolezza della partecipazione attiva dei laici alla vita ecclesiale e del loro ruolo nel sostenere la missione della Chiesa nel contesto sociale”. “La riforma dell’8xmille – ha evidenziato – non solo ha rafforzato il sostegno economico alla Chiesa, ma ha contribuito a consolidare un legame più stretto tra la Chiesa e la comunità civile. Questo nuovo rapporto fra Chiesa, Stato e cittadini continua a segnare la vita della nostra comunità ecclesiale e sociale; ogni anno milioni di italiani esprimono la loro scelta di destinare una parte delle loro imposte alla Chiesa in un atto che non è solo una decisione economica, ma è un atto di partecipazione e di fiducia verso un’istituzione che, attraverso il sistema dell’8xmille, è in grado di sostenere numerosi progetti di carità, di educazione, di conservazione dei beni artistici, di sostegno a famiglie e comunità”.