“Di fronte al dramma della guerra non diventiamo delle persone assuefatte. Non dobbiamo abituarci alle immagini perché la realtà della guerra è molto più terribile della più terribile delle immagini. Evitiamo di trasformare la guerra in una specie di fiction”: Lo ha detto il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, durante la presentazione del suo libro “Come un pellegrinaggio. I miei giorni in Terra Santa” (con la prefazione di Papa Francesco) avvenuta a Brescia lo scorso 21 febbraio.

A riportare la notizia è il settimanale diocesano “La Voce del Popolo”. “Le persone subiscono mutilazioni che sono reali e permanenti e il solco che si scava poi tra le persone che si combattono è il solco dell’odio, del desiderio di vendetta” ha aggiunto il frate per il quale “ci vorranno generazioni per il lavoro di ricostruzione” che “non è principalmente il lavoro di ricostruzione materiale, ma è il lavoro di ricostruzione dell’umanità delle persone, della vita e del rispetto dell’altro, il riconoscimento della dignità dell’altro. Di fronte alla guerra – ha avvertito – noi dobbiamo anzitutto avere una coscienza molto vigile, molto attenta e non subirla, nel senso di non fare gli spettatori sul divano”. In questa situazione, ha spiegato, “il compito dei cristiani è anche quello di tenere aperto il discorso su una possibile riconciliazione” e il primo passo da compiere “dovrebbe essere quello di riconoscere che anche l’altro soffre” come ha testimoniato Rachel Goldberg-Polin, la portavoce delle famiglie degli ostaggi. Padre Patton ha ribadito l’importanza della presenza dei cristiani in Terra Santa: “Il primo modo per sostenerli sarebbe venire in pellegrinaggio perché, quando ci sono i pellegrini, i cristiani di Terra Santa, che lì sono una minoranza (il 2%), sentono di appartenere a una famiglia molto più grande. Quando arrivano i pellegrini, c’è anche un beneficio concreto, perché la maggior parte dei cristiani che vivono, ad esempio a Betlemme, lavorano poi nell’indotto del pellegrinaggio”. Non è mancato, infine, un cenno all’Europa: “Sta vivendo un ripiegamento e un declino demografico e culturale. Dal punto di vista politico sta perdendo la sfida che aveva raccolto dopo i due conflitti mondiali. Era la sfida di fare un percorso per diventare europei e non essere semplicemente appartenenti a piccole e singole parti. L’Europa ha bisogno di ritrovare fiducia. Si fanno troppi blocchi, troppi check point, troppe chiusure, perché si ha paura. L’Europa non deve avere paura a fare quello che ha già fatto molti secoli fa, cioè, far sintesi di culture. La cultura della quale noi siamo figli è la sintesi della cultura romana e delle culture barbariche. Nel nostro mondo bisogna ritrovare il coraggio avuto tra il quarto e il decimo secolo del primo millennio: sono stati in grado di fare sintesi tra la cultura classica e la cultura barbarica, perché i barbari portano sempre vita, i classici portano sempre ordine. Allora bisogna riuscire a mettere insieme la vita e l’ordine. Non si butta via la storia, ma si deve sintetizzare con le realtà nuove”.