Striscia di Gaza: Caritas Internationalis, “affamare una popolazione significa profanare la vita. Rimanere in silenzio significa essere complici”

“Non si tratta di un tragico incidente. È il risultato di scelte calcolate. Una popolazione privata di riparo, sostentamento e sicurezza è stata lasciata morire sotto gli occhi del mondo”. È la denuncia che oggi arriva da Caritas Internationalis di fronte al dramma di Gaza City. “Questa non è guerra”, si legge ancora nella nota, “è la distruzione sistematica di civili. L’assedio di Gaza è diventato una macchina di annientamento, sostenuta dall’impunità e dal silenzio, o dalla complicità, delle nazioni potenti”. La carestia è “il risultato di una strategia deliberata”, scrive Caritas che è “testimone di questo orrore”. Ciò che sta avvenendo è definito da Caritas un “deliberato attacco alla dignità umana”, un “crollo dell’ordine morale, un fallimento della leadership, della responsabilità e dell’umanità stessa”. Sotto accusa sono “governi influenti, aziende e multinazionali” che, in silenzio, danno supporto militare, aiuti finanziari e copertura diplomatica. Sotto accusa però anche la comunità internazionale che “offre dichiarazioni vuote e vacue banalità”, con “doppi standard” che “servono solo a guadagnare tempo per ulteriori distruzioni”. Il documento avanza una serie di richieste: un cessate il fuoco immediato e permanente, l’accesso umanitario illimitato per porre fine alla fame e fornire assistenza, il rilascio di tutti gli ostaggi e delle persone detenute arbitrariamente, il dispiegamento di una forza di pace Onu per proteggere i civili, il deferimento di tutti i responsabili e dei complici dinanzi ai tribunali nazionali e internazionali. Caritas chiede anche che si ponga fine alla presenza illegale di Israele nei Territori Palestinesi occupati e che cessino le attività di insediamento e si trasferiscano i coloni. “La carestia a Gaza è una prova di integrità morale, e troppi hanno fallito”, conclude il documento. “Affamare una popolazione significa profanare la vita. Rimanere in silenzio significa essere complici”. Da qui l’invito “a tutte le persone di fede e coscienza ad alzare la voce, fare pressione sui propri governi e chiedere giustizia. Il mondo sta guardando. La storia sta registrando. E Gaza attende, non parole, ma la salvezza”.

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