Il card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, ha inaugurato oggi a Napoli la 75ª Settimana liturgica nazionale, evento che proseguirà fino al 28 agosto. Nella sua prolusione, il porporato ha sviluppato il tema “In te abbiamo sperato. Tu sei la nostra speranza”, tratto dall’inno Te Deum, sottolineando come Gesù Cristo non sia semplicemente “datore di speranza”, ma “è la speranza incarnata del Padre”.
Parolin ha posto l’accento sulla dimensione “simbolica” della liturgia, che deve “collegare” contemplazione e azione, vita spirituale e impegno concreto. “Non può esistere schizofrenia tra il fare nella liturgia e il fare nella vita”, ha affermato, citando le parole di chi critica i cristiani incoerenti: “Tu vai in chiesa ogni domenica, e poi ti comporti male con il prossimo, non parli più con il tuo fratello, non visiti la tua mamma anziana”.
Il cardinale ha invitato a una liturgia “inclusiva”, capace di suscitare stupore “nel bambino, nel ragazzo, nel giovane, nell’adulto, nell’anziano, nel disabile, nel migrante”. Ha sottolineato l’importanza dell’accoglienza nelle parrocchie italiane sempre più multiculturali, invitando a evitare di “ghettizzare la liturgia o gli oranti secondo la nazionalità o la lingua”.
Parlando delle “rotte” migratorie, Parolin ha evidenziato come siano spesso “vie crucis” fatte di “condanne, cadute, flagellazioni”, ma ha ricordato che i migranti “accompagnano le loro traversate con la preghiera” e sono “affamati non solo di pane e assetati solo di acqua, ma della speranza che viene dalla loro fede in Dio”.
Particolare risonanza ha avuto il passaggio dedicato alla situazione di Gaza: “Si pensi a quei luoghi martoriati da conflitti o nei quali resta difficile vivere e testimoniare la propria fede attraverso anche la manifestazione del proprio culto; pensate alla parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza City, colpita dai bombardamenti lo scorso 17 luglio e all’interno della quale sono morte tre persone e 9 sono state ferite e che comunque resta uno dei rari (se non l’unico) segno di speranza di quella terra devastata, dentro la quale non solo pregano ma hanno trovato rifugio e dimorano, presso il tempio di Dio, circa 500 cristiani. La casa di preghiera diventa la dimora e il rifugio del popolo di Dio e di qualsiasi persona perseguitato e oppresso, segno di sicura speranza”.
Il cardinale ha anche riflettuto sul gesto liturgico della pace, spiegando che nella nuova edizione del Messale si è passati da “scambiatevi un segno di pace” a “scambiatevi il dono della pace”, per sottolineare che “non si tratta di un auspicio ma di una realtà che si sta già realizzando nella celebrazione”.
La conclusione ha richiamato l’immagine dantesca, ribaltandola: se Dante pone all’ingresso dell’Inferno “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, per Parolin ogni chiesa dovrebbe avere la scritta “Nutritevi della speranza, voi che entrate”.