“La fraternità, come ogni valore fondante della Dottrina sociale della Chiesa, non può rimanere relegata al piano delle intenzioni. È nella sua capacità di incarnarsi nelle strutture, nei processi decisionali, nei modelli organizzativi e nei flussi economici che la fraternità rivela la sua forza trasformativa”. Nino Apreda, presidente dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti (Ucid) della Campania, in preparazione al Meeting 2025 di Rimini, riflette sul tema portante di Ucid all’evento romagnolo di Comunione e Liberazione.
“La vera sfida è dunque tradurre la fraternità in criteri di giudizio, strumenti di valutazione e metriche operative, senza snaturarne il senso profondo. Già in Rerum Novarum, pur senza nominarla esplicitamente, Leone XIII riconosceva nella relazione solidale tra le classi sociali un’esigenza naturale dell’ordine morale cristiano. La fraternità era vista come risultato di un equilibrio tra giustizia e carità, tra diritti e doveri, tra lavoro e capitale. Papa Francesco ne fa invece un principio architettonico, cioè una pietra di fondazione dell’intero edificio sociale ed economico”, sottolinea Apreda.
Nella realtà aziendale “abbiamo alcuni indicatori possibili che riflettono in modo concreto i valori della fraternità nella vita economica. Un primo segnale di fraternità è il rapporto tra le retribuzioni più alte e più basse in un’organizzazione. Un’azienda che premia solo il vertice e marginalizza il lavoro operativo tradisce la logica della fraternità. Il contenimento della ‘forbice’ salariale è un indice chiaro di rispetto e valorizzazione delle persone. La fraternità si esprime anche nel rifiuto dell’accumulazione autoreferenziale e nella capacità di condividere, nella prossimità, i frutti del lavoro comune. Modelli di governance, che prevedono consigli aziendali partecipativi, coinvolgimento strategico dei dipendenti, o strutture cooperative, testimoniano una fraternità basata sull’ascolto e la corresponsabilità. Non è solo una questione di efficienza: è una scelta etica e solidale”.
“Una cultura aziendale che valorizza le diversità, che favorisce l’accesso e la crescita professionale di donne, giovani, persone con disabilità o provenienze svantaggiate, inoltre, riflette una fraternità non selettiva, aperta e accogliente – aggiunge -. Il welfare interno, l’attenzione alla conciliazione vita-lavoro, il rispetto dei ritmi umani e la cura della salute psicofisica dei lavoratori sono segni che una comunità economica non tratta i propri membri come strumenti, ma come persone. Imprese benefit, cooperative sociali, B-Corp e soggetti che nei loro statuti e nei loro bilanci dichiarano di perseguire il bene comune o il valore sociale aggiunto mostrano una fraternità che si autolegittima come orizzonte operativo. Sinergie e collaborazioni col terzo settore. L’impatto ambientale, l’etica della filiera, il rispetto dei diritti nei Paesi in via di sviluppo sono altri indici di fraternità allargata, che include i più deboli, le future generazioni, la casa comune, Esg e non solo, fraternità economica”.