“Basta con la vendita di armi ad Israele. A giugno abbiamo chiesto all’Italia di non rinnovare l’accordo con Israele invece è stato rinnovato”. Lo ha ribadito don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi, durante la conferenza stampa in corso oggi a Marghera sull’espulsione di don Nandino Capovilla da Israele. Il parroco di Marghera viaggiava con un gruppo della Campagna “Ponti non muri” di Pax Christi Italia ma è stato bloccato all’aeroporto di Tel Aviv, mentre gli altri hanno proseguito. “L’Italia è il terzo Paese che vende armi a Israele”, ha affermato don Sacco, riferendosi a recenti dichiarazioni del Ministro della Difesa che solo ora criticano quanto sta facendo il governo israeliano a Gaza. “E’ davvero ipocrita perché vendiamo armi, acquistiamo cybersecurity, siamo legati a doppio cappio con Israele – ha affermato don Sacco -. Gli F35 sono fatti insieme, ci sono stati incontri tra rappresentanti dei ministeri italiani e israeliani”. Il sacerdote ha citato poi alcune cifre: “Con 72 miliardi di euro nel 2023 la Ue è il più importante investitore in Israele, il doppio degli Usa (39 miliardi). Cosa ci impedisce di prendere atto dei crimini di Israele? Gli accordi economici cui siamo legati enormemente. La sentenza della Corte penale internazionale che chiede l’arresto di Netanyahu non viene presa in considerazione perché abbiamo le mani sporche”.
Secondo don Sacco “per far leva sul governo italiano è importante la presenza nei territori di comitati spontanei di cittadini che protestano, gli ordini del giorno dei consigli comunali, le prese di posizione di insegnanti e presidi: servono a tener viva la coscienza perché il governo interrompa questi legami, altrimenti siamo in una situazione di complicità”.
Betta Tusset, della campagna “Ponti non muri” di Pax Christi Italia, ha precisato che l’iniziativa è nata il 9 ottobre 2004 ed è legata ad una campagna internazionale riferita alle parole di Papa Giovanni Paolo II. Lo scopo della Campagna è andare periodicamente “nei Territori palestinesi occupati, in Cisgiordania, a Gaza e in Israele ad ascoltare gli israeliani che si battono per la giustizia, ad incontrare le comunità cristiane e musulmane nei campi profughi dove la gente soffre: non dal 7 ottobre 2023 ma dal 1948. La nostra fede va incontro alle persone che vediamo soffrire da decenni perché sotto occupazione, perché vedono distrutte le loro case, sono imprigionati illegalmente”. “Non esitiamo a definire genocidio la situazione che si è creata a Gaza dopo il 7 ottobre – ha affermato -. Accompagniamo gruppi da 20 anni con la forza del diritto internazionale e dell’umanità perché c’è una popolazione oppressa”. Altre azioni sono la sensibilizzazione in Italia, incontrando giovani, comunità cristiane, scout, perfino suore nei conventi di clausura, per “unirsi a noi in questo tentativo di dare voce a chi non ce l’ha. Noi rispettiamo il desiderio dei palestinesi di vivere in quella terra insieme agli israeliani ma con gli stessi diritti”.