Giubileo dei giovani: mons. Morandi (Reggio Emilia), “non dubitare mai dell’amore di Dio” in ogni circostanza della vita

Foto Iaria/SIR

Il libro del Siracide e il libro della Sapienza “ci parlano delle meraviglie dell’opera di Dio nella creazione. Quindi dello stupore e della meraviglia che l’uomo ha nel contemplare la bellezza del mondo creato”. Lo ha detto questa mattina mons. Giacomo Morandi, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, concludendo l’incontro sul tema “Gioia piena. Solo lo stupore conosce: ascoltare la voce dello Spirito” che si è svolto nella Basilica di San Giuseppe al Trionfale, a Roma, nell’ambito dell’iniziativa “12 parole per dire speranza” promossa dalla Cei per il Giubileo dei giovani e curato dall’Ufficio per la pastorale delle vocazioni, del tempo libero e dello sport.
Per il vescovo “il primo sentimento che dovrebbe avere un discepolo del Signore è quello della meraviglia, dello stupore che nasce dalla contemplazione”. “Occorre – ha detto mons. Morandi – recuperare uno sguardo contemplativo sull’opera creata da Dio”.

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Il presule si è quindi soffermato sullo stupore e la meraviglia che “nascono dal fatto che dietro alle cose create c’è una persona”. E, citando il racconto – riportato nel libro dell’Esodo – dell’incontro con Dio di Mosè al roveto ardente: “Mosè si avvicina per vedere questa cosa straordinaria, questo spettacolo, cioè un roveto che arde e non brucia e si accorge di essere davanti non a qualcosa, ma a qualcuno, cioè a Dio”. Allora “la meraviglia e lo stupore nasce dall’essere chiamato per nome, perché Dio chiama Mosè per nome e si identifica come il Dio dei Padri”. Un Dio “che chiama per nome tutti”. Questo – ha spiegato davanti ad una platea di oltre 600 giovani provenienti da diverse diocesi italiane dal Nord al Sud – è “un altro punto importante, cioè i discepoli di Gesù si sentono amati, conosciuti, perché dietro la creazione non c’è un’entità astratta, ma c’è – ha detto mons. Morandi – quel Padre che vuole stabilire un’alleanza, un rapporto con ognuno dei suoi figli”. Tutto questo prepara a “quella chiamata che Gesù farà ai primi discepoli incontrandoli e chiamandoli per nome, chiamandoli cioè a condividere la stessa vita. Quindi si passa da uno stupore-meraviglia per le opere di Dio allo stupore e meraviglia di essere in relazione con Dio”, ha aggiunto il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla spiegando che Dio desidera “avere un’amicizia con ognuno di noi e stabilire un rapporto con ciascuno. In questo consiste anche la gioia del discepolo, che si sente amato, si sente chiamato e al quale viene affidata una missione”. L’uomo “sperimenta” l’amore di Dio “incondizionato”: “questo è lo stupore. Essere amati da un Padre che ci conosce profondamente”. “Lo stupore – ha concluso – e la meraviglia è scoprire ogni giorno di non essere mai soli né tristi. Non dubitate mai, in nessuna circostanza della vostra vita, di questo amore di Dio per noi, per ciascuno, in tutte le difficoltà che possiamo incontrare. Questa è la gioia che dobbiamo custodire e per la quale dobbiamo combattere. Il Signore sceglie e ama senza condizioni”.

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