Nell’ambito di “12 parole per dire speranza”, serie di incontri di dialogo curato dalla Cei in occasione del Giubileo dei giovani, la chiesa di San Gregorio VII a Roma gremita ha seguito e partecipato all’appuntamento dal titolo “La famiglia educa a varcare la soglia dell’intimità”, che ha visto le testimonianze di don Roberto Massaro e Simona Segoloni Ruta e, prima delle conclusioni di mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, un momento sinodale durante il quale i giovani hanno discusso tra loro e riportato dubbi, domande e constatazioni generali e specifiche.
- (Foto Calvarese/SIR)
- (Foto Calvarese/SIR)
- (Foto Calvarese/SIR)
Partendo dal quadro di Chagall che racconta la storia di Davide e Betsabea, don Massaro ha evidenziato come la figura di “Davide” domina la scena con una “maschilità potente, tossica”, mentre il volto femminile è solo una “pendice” marginale. L’intervento riflette su un’intimità che diventa tossica quando “parla solo di sé” e trasforma l’altro in attore secondario. L’amore autentico, invece, è “reciprocità, dono in due direzioni”, come insegna anche Papa Francesco nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia: “Bisogna educare le coscienze, non sostituirsi ad esse”. Il secondo spunto riflessivo, offerto da Simona Segoloni Ruta sull’identità delle donne, trae origine invece da un quadro di Artemisia Gentileschi che ritrae Maria Maddalena bella e elegante, ingiustamente descritta da qualcuno come una prostituta solo per screditare le donne come in uso comune, dipinta da una donna stuprata prima e, dopo la sua denuncia, torturata per dimostrare che la sua accusa fosse fondata. Dalla creazione, con la figura di Eva vista come “cosa di Adamo”, fino ai tempi moderni, la donna è vista come identità “appesa” all’idea di altri, nello specifico i maschi. La famiglia diventa il primo spazio dove si impara l’intimità: “Si nasce dentro un’altra persona”, si vive “senza confini” e si impara a riconoscere l’alterità. Come Maria Maddalena con Gesù nel giardino, “non mi trattenere”, l’intimità vera nasce dal rispetto dell’altro e dal riconoscimento reciproco. “La famiglia può intrecciare o liberare”, ma resta una “soglia da varcare” per crescere in relazioni che non fondono, ma fanno fiorire.

(Foto Calvarese/SIR)