Amnesty International ha sollecitato il governo siriano ad agire con urgenza per prevenire la violenza di genere, ad avviare indagini rapide, approfondite e imparziali sui rapimenti di donne e ragazze alauite e ad accertarne e punirne i responsabili. Da febbraio Amnesty International ha ricevuto informazioni attendibili su almeno 36 rapimenti di alauite di età compresa tra i tre e i 40 anni, avvenuti nelle province di Latakia, Tartus, Homs e Hama ad opera di individui non identificati. Di questi casi, Amnesty International ha documentato i rapimenti, avvenuti in pieno giorno, di cinque donne adulte e di tre minorenni. Secondo quanto si legge in un comunicato di Amnesty, salvo in un caso, le autorità di polizia e la Sicurezza generale (i servizi di sicurezza) non hanno svolto indagini efficaci per accertare la sorte e il luogo in cui si trovano le persone rapite. Il 22 luglio il comitato d’inchiesta istituito dal presidente al-Sharaa per indagare sulle uccisioni avvenute lungo la costa siriana ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna segnalazione di rapimenti di donne o ragazze.
“Le autorità siriane – dice Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International – affermano da tempo di voler costruire una Siria per tutte e tutti ma continuano a non intervenire per fermare i rapimenti di donne e ragazze, prevenire violenze e matrimoni forzati, contrastare la probabile tratta di esseri umani, indagare e perseguire i responsabili. La comunità alauita, già colpita da precedenti massacri, è stata profondamente scossa da questa ondata di rapimenti. Le donne e le ragazze hanno paura di uscire di casa o di camminare da sole”.
In tutti gli otto casi documentati da Amnesty International le famiglie hanno denunciato il rapimento delle proprie parenti alla polizia o alla Sicurezza generale. In quattro casi, nuove prove fornite dalle famiglie sono state respinge o mai prese in considerazione. In nessuno degli otto casi le famiglie hanno ricevuto aggiornamenti sullo stato delle indagini. In due casi la responsabilità del rapimento è stata addossata alla famiglia stessa. In un caso il sequestratore ha inviato alla famiglia una foto della persona rapita, visibilmente percossa. In due casi i sequestratori hanno chiesto, direttamente o tramite intermediari, riscatti compreso tra i 9.000 e i 13.000 euro.
“Chiediamo alle autorità siriane – incalza Callamard – di agire con rapidità e trasparenza per localizzare le donne e le ragazze scomparse, portare i responsabili davanti alla giustizia e fornire alle famiglie coinvolte informazioni credibili e tempestive, basate su una prospettiva di genere, oltre al necessario sostegno”. E aggiunge: “Le autorità hanno la responsabilità giuridica e morale di intervenire per prevenire e punire la violenza di genere. Tutte le donne in Siria hanno diritto a vivere libere dalla paura di subire violenze, discriminazioni e persecuzioni. Le indagini devono essere rapide e accurate, condotte da investigatori indipendenti e con pieno accesso alle risorse necessarie”.