“Come vescovo della Chiesa calabrese non posso tacere. Il Sud continua a bruciare fumo nero di dolore, quel triste brusio di alberi che cadono in maniera profondamente ignobile. Cassano allo Ionio brucia, la Calabria è in fiamme”. Lo afferma il vescovo di Cassano all’Jonio, mons. Francesco Savino, che interviene sul fenomeno degli incendi che stanno interessando la Calabria e il Sud Italia costretti a “respirare cenere”. “Il fuoco – scrive il presule – non risparmia nemmeno ciò che è sacro, ciò che rappresenta l’identità collettiva. Qui, dove ogni vicolo sembra sussurrare una preghiera, ora il cielo è oscurato dal fumo dell’ingiustizia. E non si tratta soltanto di incuria, di sentieri non ripuliti, di vegetazione abbandonata. No, non basta più parlare di ‘cattiva manutenzione’ o di fatalità. Queste sono narrazioni comode che mascherano la verità. Dio non gioca coi fiammiferi: la fatalità è una menzogna conveniente”. Per mons. Savino “dietro il fumo si nasconde il volto oscuro, codardo e arrogante del potere criminale. Non è la mano del caso, ma quella di chi sceglie deliberatamente il fuoco come arma e messaggio. Ci sono mani che appiccano incendi non per ignoranza, ma per calcolo vile e ragionato. Mani appartenenti a organizzazioni mafiose che, in combutta con imprenditori senza scrupoli – spesso provenienti da altre regioni del Paese – usano il Sud come discarica a cielo aperto. I roghi non sono incidenti. Sono strumenti di una guerra silenziosa e infame contro la natura e contro le comunità. Servono a coprire lo smaltimento di materiali tossici, scorie industriali, rifiuti speciali che avvelenano la nostra terra, l’aria, le acque. E quando brucia la terra, brucia anche la dignità di un popolo che da troppo tempo è trattato come sacrificabile”. La logica – sottolinea il presule – è quella del “profitto senza etica, dell’illegalità sistemica, della devastazione ambientale organizzata. È un’economia senza volto, fatta di fuoco e veleno. Un’economia della morte, che agisce nell’ombra ma ha nomi, cognomi, interessi precisi. Un crimine non solo contro l’ambiente, ma contro il futuro delle nostre comunità”. Il danno è “esiziale e irreversibile”: “Il paesaggio stesso, che è bene comune e identità culturale, viene sfigurato. Il fuoco non cancella soltanto alberi, ma storie, memorie, possibilità di vita buona”. Ecco allora che “possiamo e dobbiamo denunciare. Possiamo e dobbiamo vigilare. Possiamo e dobbiamo unire le forze: cittadini, istituzioni, Chiesa, associazioni sane. Chi tace davanti alle fiamme, ne condivide il calore distruttivo. A chi brucia per interesse, per potere, per dominare, dico con forza: convertitevi! Convertitevi alla logica del Vangelo, che è rispetto, custodia, giustizia. State uccidendo la terra che ci è stata affidata”. La Chiesa del Sud “non sarà mai complice. Sarà coscienza inquieta e voce che accusa. Non ci accontenteremo di celebrazioni vuote o di appelli di facciata. Pretendiamo scelte politiche chiare, leggi più dure, controlli severi e verità su chi lucra sul disastro ambientale”.