“Ancora una volta ci troviamo a commentare una tragedia annunciata. Una donna ha perso la vita, sei persone risultano disperse, 87 sono state salvate grazie all’intervento di un peschereccio tunisino, che ha scelto di portarle verso la salvezza, non verso la morte. In quelle acque, tra Lampedusa e la Tunisia, si continua a morire nell’indifferenza generale”. E’ quanto dichiara in una nota Agostino Sella, presidente dell’Associazione Don Bosco 2000,
commentando l’ennesima tragedia registrata nel Mediterraneo nelle scorse ore. “Non possiamo più accettare che il Mediterraneo sia trasformato in un cimitero a cielo aperto”, continua Agostino Sella. “Sono in gioco vite umane, non numeri. Restare immobili o indecisi significa essere complici di un sistema che costringe uomini, donne e bambini a rischiare tutto per una possibilità di futuro”. Sono stati dei pescatori tunisini, e non un dispositivo europeo, ad accorrere per primi in aiuto. “Loro hanno avuto il coraggio e l’umanità di compiere una scelta giusta: portare i naufraghi verso un approdo sicuro, evitando il respingimento in coste che loro stessi sanno non offrire alcuna protezione”, aggiunge ancora Sella. L’associazione rinnova il suo appello “per un impegno serio, strutturato, umano e condiviso a livello europeo per evitare altre morti, per garantire vie legali e sicure di accesso, per restituire dignità a chi è costretto a fuggire”. “Sono state salvate – conclude Sella – persone originarie di Camerun, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea Konakry, Mali, Senegal e Sudan. Persone che hanno pagato circa 585 euro a testa mettendo a rischio la propria vita in un barchino di 12 metri”.