Natale 2025: mons. Brugnotto (Vicenza), “il compito che ci è affidato ogni giorno è quello di “nascere”: alla fiducia, alla responsabilità, alla mitezza, alla pace”

“Che la vostra casa sia un luogo in cui la speranza abbia un volto, che le nostre comunità siano un grembo accogliente, e che il sorriso dei bambini — segno di un domani possibile — non manchi nelle nostre strade”. Questo l’augurio espresso dal vescovo di Vicenza, mons. Giuliano Brugnotto, nel messaggio natalizio alla comunità diocesana.
“Desidero raggiungervi da un luogo speciale: il reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale San Bortolo”, spiega il presule, rilevando che “qui, più che altrove, si tocca con mano il mistero della vita che viene alla luce: attese trepidanti, lacrime che diventano sorriso, silenzi che si fanno preghiera, mani che tengono strette altre mani. È una casa di speranza. È una soglia dove il futuro bussa”. “Siamo ormai al termine dell’Anno giubilare, tempo di grazia e di ritorno all’essenziale. In questa luce, il Natale – osserva il vescovo – ci consegna un messaggio decisivo: la speranza non è un’idea ottimistica, ma una presenza che entra nella storia”. “Come comunità cristiana, non possiamo limitarci a parole di circostanza – ammonisce mons. Brugnotto –: siamo chiamati a un’alleanza concreta per la speranza, inclusiva e non ideologica, capace di sostenere chi desidera generare e accogliere figli, e di accompagnare chi vive la fatica, la fragilità, la solitudine, la ferita”.
“Da questo luogo desidero dire tre cose, con semplicità e con fermezza”, continua il vescovo. “Anzitutto: grazie. Grazie alle mamme e ai papà che qui attraversano la gioia e la paura, l’attesa e la responsabilità. Grazie a chi porta in grembo una vita e, insieme, porta domande, preoccupazioni, talvolta ferite. Grazie al personale sanitario, alle ostetriche, ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori: in voi si vede una forma preziosa di cura che diventa, spesso, consolazione e speranza”. “Poi: coraggio”, continua mons. Brugnotto, perché “ogni nascita ricorda che il futuro non è soltanto una minaccia: può essere una strada. E una comunità che sostiene le famiglie — con prossimità, ascolto, servizi, accoglienza, solidarietà — diventa davvero casa di speranza”. “Infine: una chiamata per tutti”, rileva il vescovo: “Il compito che ci è affidato ogni giorno è, in certo modo, proprio quello di ‘nascere’: nascere alla fiducia, alla responsabilità, alla mitezza, alla pace”. “Il Natale – spiega – non ci chiede di essere perfetti, ma di lasciare spazio a Dio che viene. Il Figlio ‘ci è stato dato’ perché nessuno pensi più di essere solo, perché ogni storia possa ricominciare”. “Da questa maternità — luogo di attesa gioiosa, luogo di speranza per tanti genitori e famiglie — affido al Bambino di Betlemme la nostra città e la nostra provincia, le parrocchie, le case, i luoghi del lavoro e della sofferenza. Affido chi desidera un figlio e non riesce, chi ha paura di non farcela, chi piange una perdita, chi porta nel cuore una ferita nascosta. Affido i bambini che stanno per nascere e quelli che cercano futuro; gli anziani, custodi della memoria; i giovani, che hanno diritto a sperare; le famiglie, chiamate a essere culla di amore”, conclude il vescovo.

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