Diventare “segno profetico, in un mondo ferito da discordie, violenze e conflitti, in cui assistiamo anche a una crescita di aggressività e di rabbia, non di rado strumentalizzate dal mondo digitale come dalla politica”. È la consegna del Papa, nel discorso alla Curia romana. “Il Natale del Signore reca con sé il dono della pace e ci invita a diventarne segno profetico in un contesto umano e culturale troppo frammentato”, ha detto Leone XIV, secondo il quale “il lavoro della Curia e quello della Chiesa in generale va pensato anche in questo orizzonte ampio: non siamo piccoli giardinieri intenti a curare il proprio orto, ma siamo discepoli e testimoni del Regno di Dio, chiamati ad essere in Cristo lievito di fraternità universale, tra popoli diversi, religioni diverse, tra le donne e gli uomini di ogni lingua e cultura. E questo avviene se noi per primi viviamo come fratelli e facciamo brillare nel mondo la luce della comunione”. “La missione e la comunione sono possibili se rimettiamo Cristo al centro”, ha affermato il Papa: “Il Giubileo di questo anno ci ha ricordato che solo Lui è la speranza che non viene meno. E, proprio durante l’Anno Santo, importanti ricorrenze ci hanno fatto ricordare altri due eventi: il Concilio di Nicea, che ci riconduce alle radici della nostra fede, e il Concilio Vaticano II, che fissando lo sguardo su Cristo ha consolidato la Chiesa e l’ha sospinta incontro al mondo, in ascolto delle gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini d’oggi”. Cinquant’anni fa, ha ricordato infine Leone, veniva promulgata da san Paolo VI l’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, scritta dopo la terza Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. “Tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascuno è importante per il tutto”, vi si legge: “la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio in una comunione che nulla deve interrompere, ma ugualmente donata al prossimo con uno zelo senza limiti, è il primo mezzo di evangelizzazione”. “Ricordiamo questo, anche nel nostro servizio curiale”, l’invito finale: “l’opera di ciascuno è importante per il tutto, e la testimonianza di una vita cristiana, che si esprime nella comunione, è il primo e più grande servizio che possiamo offrire”.