“È possibile essere amici nella Curia romana? Avere rapporti di amichevole fraternità?”. A chiederselo è stato il Papa, nel discorso alla Curia romana, in cui ha chiesto ai presenti di essere costruttori di comunione “più che con le parole e i documenti, mediante gesti e atteggiamenti concreti che devono manifestarsi nel nostro quotidiano, anche nell’ambito lavorativo”. “In tutte le cose umane nulla è caro all’uomo senza un amico”, la citazione di sant’Agostino, che però “si chiedeva con una punta di amarezza: ‘Ma quanti se ne trovano di così fedeli, da poterci fidare con sicurezza riguardo all’animo e alla condotta in questa vita?’”. “Questa amarezza a volte si fa strada anche tra di noi quando, magari dopo tanti anni spesi al servizio della Curia, notiamo con delusione che alcune dinamiche legate all’esercizio del potere, alla smania del primeggiare, alla cura dei propri interessi, non stentano a cambiare”, ha commentato Leone XIV: “E ci si chiede: ‘È possibile essere amici nella Curia romana? Avere rapporti di amichevole fraternità?’”. “Nella fatica quotidiana, è bello quando troviamo amici di cui poterci fidare, quando cadono maschere e sotterfugi, quando le persone non vengono usate e scavalcate, quando ci si aiuta a vicenda, quando si riconosce ciascuno il proprio valore e la propria competenza, evitando di generare insoddisfazioni e rancori”, ha commentato il Pontefice: “C’è una conversione personale che dobbiamo desiderare e perseguire, perché nelle nostre relazioni possa trasparire l’amore di Cristo che ci rende fratelli”.