Religiosi: p. Schröder (Benedettini) all’Assemblea Usg, “la nostra missione è trasfigurare il digitale”

(Foto Calvarese/SIR)

“Nessuna tradizione religiosa ha bisogno di un ‘confronto’: è come cercare di inchiodare la gelatina al muro”. Con un’immagine sorridente ma rivelatrice, l’abate primate dell’Ordine di San Benedetto, p. Jeremias Schröder, questa mattina ha aperto il suo intervento al dibattito “La preghiera oggi: tradizioni religiose a confronto” durante la 104ª assemblea dell’Unione superiori generali (Usg) in corso di svolgimento a Sacrofano, dedicata al tema “Fede connessa: vivere la preghiera nell’era digitale”. Un modo per dire che la spiritualità benedettina, pur profondamente radicata, rifugge le contrapposizioni e rimane segnata da una straordinaria diversità interna. P. Schröder ha ricordato come il cuore della preghiera monastica resti la vita comune e soprattutto l’Opus Dei, il ritmo quotidiano della liturgia delle ore che scandisce la giornata dei monasteri e costituisce la “roccia” dell’esperienza spirituale benedettina. Una preghiera corale, sobria, biblica, che non cerca effetti ma custodisce la memoria della storia della salvezza. “Non siamo molto attratti dalle liturgie fatte in casa”, ha affermato, sottolineando il valore della tradizione come luogo di equilibrio e di fedeltà ecclesiale. Accanto alla dimensione comunitaria, l’abate ha mostrato come nei secoli si sia sviluppato anche uno spazio significativo per la preghiera personale, dall’antica Trina oratio alla riscoperta moderna della meditazione, fino all’apporto di figure come García Cisneros, uno dei primi mistici spagnoli pioniere nell’uso delle tecniche meditative, o Willigis Jäger, sacerdote e maestro Zen noto per aver unito la saggezza occidentale e orientale. Una pluralità di vie che, in formazione, non viene imposta ma offerta, perché ciascun monaco possa trovare la propria modalità autentica di incontro con Dio. Elemento ormai condiviso in tutto l’ordine è la lectio divina, tempo quotidiano dedicato a un ascolto lento e “ruminato” della Parola e dei testi spirituali: un ponte tra preghiera e vita, un esercizio di interiorità che ben si contrappone alla frammentarietà del mondo digitale. Nella conclusione, p. Schröder ha evocato l’immagine del saio benedettino come simbolo di libertà interiore: una forma che avvolge senza stringere, creando uno spazio in cui crescere. In un tempo dominato da connessioni veloci e identità fluide, la tradizione benedettina continua così a offrire un modello di stabilità che apre, e non chiude, alla libertà dello spirito.

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