Papa in Turchia: alle autorità, “rimodellare le politiche locali e le relazioni internazionali”, di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale

“In una società come quella turca, dove la religione ha un ruolo visibile, è fondamentale onorare la dignità e la libertà di tutti i figli di Dio: uomini e donne, connazionali e stranieri, poveri e ricchi”. Ne è convinto il Papa, che nel suo primo discorso in Turchia ha affermato che “tutti siamo figli di Dio e questo ha conseguenze personali, sociali e politiche”. Al centro delle parole di Leone XIV, l’immagine del “grande ponte” sullo stretto dei Dardanelli, scelto come emblema del viaggio papale e analogo a quello che Dio, rivelandosi, ha stabilito fra cielo e terra: “lo ha fatto perché il nostro cuore cambiasse, diventando simile al suo. È un ponte sospeso, grandioso, che quasi sfida le leggi della fisica: così è l’amore, che, oltre alla dimensione intima e privata, ha anche quella visibile e pubblica. Giustizia e misericordia sfidano la legge della forza e osano chiedere che la compassione e la solidarietà siano considerate criteri di sviluppo”. “Chi ha un cuore docile al volere di Dio promuoverà sempre il bene comune e il rispetto per tutti”, la tesi del Papa: “Oggi questa è una grande sfida, che deve rimodellare le politiche locali e le relazioni internazionali, specialmente davanti a un’evoluzione tecnologica che potrebbe altrimenti accentuare le ingiustizie, invece di contribuire a dissolverle. Persino le intelligenze artificiali, infatti, riproducono le nostre preferenze e accelerano i processi che, a ben vedere, non sono le macchine, ma è l’umanità ad avere intrapreso”. “Lavoriamo dunque insieme, per modificare la traiettoria dello sviluppo e per riparare i danni già inferti all’unità della famiglia umana”, l’invito ai presenti.

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