Omicidio di Paolo Taormina: mons. Lorefice (Palermo), “la città deve essere in grado di rifiutare la violenza, la cultura della morte”

“La città di Palermo deve essere in grado di rifiutare la violenza, la cultura della morte, l’idolatria del denaro e del potere”. È l’appello lanciato sabato sera dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, durante il momento di preghiera offerto dalla Chiesa di Palermo e dalla Chiesa di Monreale sul sagrato della parrocchia San Filippo Neri del quartiere Zen a una settimana dall’uccisione del giovane Paolo Taormina. Il presule, introducendo la preghiera, ha citato quanto scritto dal beato don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993, nella relazione “Mafia e Chiesa”, parlando del Centro parrocchiale “Padre nostro” da lui voluto a Brancaccio.
“Non bastano gli eserciti”, ha ammonito l’arcivescovo, sottolineando che “dobbiamo assumerci la sfida di essere villaggio educante, accanto soprattutto ai più fragili e nelle periferie. Dobbiamo gridare ai giovani che le organizzazioni criminali non vogliono la loro felicità e dobbiamo ricordarci che il centro della città è dove è la persona. Dobbiamo cambiare stile, Palermo deve ripartire dal basso e avere la passione per tutti, specie per chi non è destinatario dei beni essenziali. Anche chi ha compiti istituzionali deve essere capace di coraggio, di ripartire dalla gente e dalle periferie esistenziali”.
A fianco di mons. Lorefice anche il vescovo di Monreale, mons. Gualtiero Isacchi. Entrambi hanno evidenziato un aspetto fondamentale: “Non siamo venuti per condannare questo quartiere, siamo qui per dire che la vita è sacra, che ogni violenza è un fallimento, e che lo Zen può essere anche luogo di rinascita”.
“Il quartiere viene additato in maniera banale e violenta – ha osservato il parroco, padre Giovanni Giannalia –. C’è tantissima gente disposta a fare il bene e farlo qui è più faticoso che altrove. La violenza giovanile preoccupa: tre morti a Monreale, uno a Palermo. La situazione è fuori controllo, un’emergenza. Certi personaggi non devono apparire come dominanti, altrimenti scatta l’emulazione. Io un prete di frontiera? Tutti i sacerdoti lo siamo. Ovunque incontriamo il male e dobbiamo combatterlo”.

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