“Il cielo è lo stesso, di qu e di là di queste mura. Manteniamo la nostra umanità, abbattiamo i muri dell’indifferenza! e voi, fratelli, non perdete la speranza e la fiducia nell’umanità”. Questa l’esortazione del vescovo di Treviso Michele Tomasi, che ieri ha guidato la riflessione e la preghiera durante il Giubileo dei detenuti. Per l’occasione, la Casa circondariale di Treviso ha spalancato le sue porte per celebrare questo evento di speranza, un momento di profonda umanità e partecipazione. Oltre 70 persone, tra rappresentanti delle istituzioni, volontari e famiglie, hanno camminato insieme ai detenuti attraverso le tre porte simboliche del carcere: l’ingresso, la vita dentro, e l’uscita verso il futuro. Toccanti le testimonianze nel campo sportivo, accanto alle famiglie dei detenuti e ai volontari impegnati nei progetti di reinserimento.
“La prima porta si chiude alle spalle e ti lascia una sensazione di nausea, di freddo. Si chiude anche davanti alle nostre famiglie, ai nostri affetti, al nostro futuro”, ha raccontato un detenuto. Un altro ha aggiunto: “Per attraversare l’ultima porta abbiamo bisogno di non essere lasciati soli, di essere riconosciuti, accompagnati nella ricostruzione”. Il direttore Alberto Quagliotto ha definito il carcere “un pezzo della città, che va conosciuto e compreso”, e ha invitato a “coltivare la speranza, soprattutto da parte di chi ha gli strumenti per farlo”.
Il Giubileo ha mostrato che la comunità può essere ponte, non barriera. “Il senso di ogni vera libertà è l’amore… Passando attraverso la croce con amore, noi siamo dei risorti”, ha concluso il vescovo.