Diocesi: mons. Moraglia (Venezia) a detenuti a Santa Maria Maggiore, “il perdono è il lievito della società”

“Il Natale non è solo quella novità che irrompe nel mondo, ma dice che il bene può iniziare da te. In ambito cristiano quella novità che a Gesù stava molto a cuore si chiama e si chiamerà sempre perdono. Finché l’uomo decide di rimanere umano, e non perseguire solo sogni di transumanesimo e post umanesimo, il perdono è il lievito della società che deve essere dato e ricevuto in un cammino di crescita e responsabilità. Voler essere bene per gli altri è quello che si cerca di fare in un luogo di cammino”. Lo ha affermato oggi il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, rivolgendosi ai detenuti della Casa circondariale maschile a Santa Maria Maggiore.
Durante la messa, che ha celebrato insieme al nuovo cappellano don Massimo Cadamuro, il presule ha sottolineato che “è bello che il carcere, questo nome così grave, appartenga sempre più alla città e sia una componente della nostra vita sociale”. “In genere – ha osservato il patriarca – si è in carcere perché si è fatto qualche errore, ma se andiamo al di là della legge, che deve avere la sua forza e obiettività, dobbiamo anche chiederci perché una persona ha sbagliato e in che condizioni si è trovata in un momento di fragilità della vita”. “Anche se questo esula nelle aule giudiziarie – ha proseguito mons. Moraglia – è un qualcosa che deve entrare nella coscienza collettiva. La città non cresce solo facendo gli affari o con i luoghi dell’alta cultura, ma è fatta anche di persone concrete e ha da imparare da tutti i suoi cittadini, anche da quelli che hanno sbagliato”.
Quella di oggi è la seconda visita e la seconda celebrazione eucaristica presieduta dal patriarca in una struttura detentiva: ieri era stato alla Giudecca nella Casa di reclusione che già aveva accolto Papa Francesco lo scorso aprile.

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