Papa in Mongolia: messa alla “Steppe Arena”, il “grazie” a tutti. Continuare “a crescere insieme, come semi di pace in un mondo funestato da troppe guerre e conflitti”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Lei ha detto che in questi giorni avete toccato con mano quanto mi sia caro il popolo di Dio che è in Mongolia. È vero, sono partito per questo pellegrinaggio con molta attesa, con il desiderio di incontrarvi e di conoscervi, e ora ringrazio Dio per voi perché, attraverso di voi, Egli ama compiere grandi cose nella piccolezza. Grazie, perché siete buoni cristiani e onesti cittadini. Andate avanti, con mitezza e senza paura, avvertendo la vicinanza e l’incoraggiamento di tutta la Chiesa, e soprattutto lo sguardo tenero del Signore, che non dimentica nessuno e guarda con amore ciascuno dei suoi figli”. Lo ha detto Papa Francesco, nel saluto al termine della messa presieduta alla “Steppe Arena” di Ulaanbaatar, nel suo penultimo giorno di viaggio apostolico in Mongolia, ringraziando per le parole e il dono il card. Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, che gli aveva rivolto un indirizzo di omaggio.
Il Pontefice ha rivolto un saluto a vescovi, sacerdoti, consacrati e consacrate e a “tutti gli amici venuti qui da diversi Paesi, in particolare da varie regioni dell’immenso continente asiatico, nel quale sono onorato di trovarmi e che abbraccio con grande affetto. Esprimo particolare gratitudine a quanti aiutano la Chiesa locale, sostenendola spiritualmente e materialmente”. Un ringraziamento al presidente e alle autorità della Mongolia “per l’accoglienza e per la cordialità, così come per tutti i preparativi svolti. Ho toccato con mano la tradizionale cordialità: grazie!”. Un saluto “di cuore” a fratelli e sorelle di altre Confessioni cristiane e religioni con l’invito a continuare “a crescere insieme nella fraternità, come semi di pace in un mondo tristemente funestato da troppe guerre e conflitti”. E il “grazie” sentito “a tutti coloro che qui hanno lavorato, tanto e da tanto tempo, per rendere bello, per rendere possibile questo viaggio, e a quanti lo hanno preparato con la preghiera”.
“Eminenza, ci ha ricordato che la parola ‘grazie’ in lingua mongola deriva dal verbo ‘rallegrarsi’ – ha aggiunto il Santo Padre, rivolgendosi ancora al card. Marengo -. Il mio grazie si accorda con questa meravigliosa intuizione della lingua locale, perché è pieno di gioia. È un grazie grande a te, popolo mongolo, per il dono dell’amicizia che ho ricevuto in questi giorni, per la tua capacità genuina di apprezzare anche gli aspetti più semplici della vita, di custodire con sapienza le relazioni e le tradizioni, di coltivare la quotidianità con cura e attenzione”.
Francesco ha quindi evidenziato: “La messa è azione di grazie, ‘Eucaristia’. Celebrarla in questa terra mi ha fatto ricordare la preghiera del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin, elevata a Dio esattamente 100 anni fa, nel deserto di Ordos, non molto lontano da qui”. Il Papa ha osservato: “Questo sacerdote, spesso incompreso, aveva intuito che ‘l’Eucaristia è sempre celebrata, in un certo senso – in un certo senso –, sull’altare del mondo’ ed è ‘il centro vitale dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile’ (Enc. Laudato si’, 236), anche in un tempo come il nostro di tensioni e di guerre”.
E ha concluso: “Fratelli e sorelle della Mongolia, grazie per la vostra testimonianza, bayarlalaa! [grazie!]. Dio vi benedica. Siete nel mio cuore e nel mio cuore rimarrete. Ricordatemi, per favore, nelle vostre preghiere e nei vostri pensieri. Grazie”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa