Papa Francesco: A Sua Immagine, “abbiamo la grazia di essere co-creatori”. “Non ci sono parole per il dolore, soltanto i gesti e il silenzio”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Mi viene in mente la parola di Dio nella Genesi. Con il sudore lavorerai la terra, con il dolore partorirai i figli. È interessante. Non perché al Signore piace che noi soffriamo, ma è un po’ la legge dell’armonia del rifare. Secondo la narrazione biblica è stato tutto bello, poi il peccato originale ha disfatto tutto. E Dio dice: ‘Va bene, io non ti condanno ma rifà’. E è qual è il risultato? Il dolore e la fatica? No, è quello che fai. E con questo il Signore ci ha messo come protagonisti del progresso, del destino e di tutto”. Così Papa Francesco nel corso della sua partecipazione in studio ad “A Sua Immagine” in onda questa mattina su Rai Uno. Il Santo Padre dialogando con la conduttrice Lorena Bianchetti e gli ospiti in studio, tra cui don Marco Pozza (cappellano del Carcere Due Palazzi di Padova) e suor Agnese Rondi (Cottolengo), ha messo in guardia dalle cose che si comprano: “Se tu hai la possibilità di avere tutto a causa tua, perdi la grazia di essere co-creatore. La grazia di fare una famiglia, di portare avanti i figli, di prendere la saggezza dei vecchi. Questo è il lavoro, ma il lavoro è al centro dell’umanità”. Quindi l’incontro in studio con Serena e Matteo, la coppia di giovani genitori che hanno incontrato il Papa al Gemelli in occasione del suo ricovero e che si sono affidati al suo abbraccio nel momento della morte della loro figlia: “Ho trovato la bambina il giorno prima, ancora viva. Ma si sapeva che la vita stava finendo. E poi per caso ho incontrato i genitori all’uscita del Gemelli”. Nei momenti di sofferenza, “mi muove un senso di tenerezza, di voler accompagnare il dolore. Perché anche io sono stato accompagnato nel momento di dolore. È una cosa che ho imparato – ha precisato il Papa –, quando ho avuto quella malattia a 21 anni. Davanti al dolore, valgono soltanto i gesti: le parole non servono. Quando venivano le zie a dirmi ‘Vai, coraggio che andrai bene’ questo mi faceva più male che bene. Non ci sono parole per il dolore, soltanto i gesti e il silenzio. Per accompagnare il dolore, per capire il dolore, soltanto il gesto: prendere per mano e stare vicino all’umanità”.

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