
In Sud Sudan tutte le religiose stanno pregando per il conclave e hanno diffuso tramite sito una preghiera apposita “perché lo Spirito ispiri e guidi l’elezione del nuovo Papa”. Lo stesso in Bangladesh e in Pakistan, dove la piccola comunità cattolica ha celebrato messe di requiem e ora è in fervente attesa del nuovo Papa. Nella Repubblica Centrafricana, memori dello storico viaggio di Papa Francesco che aprì la Porta Santa del Giubileo della Misericordia a Bangui nel 2015, c’è ancora dolore e costernazione. La popolazione, costituita principalmente di giovani, poco informati sul Conclave e su tutto ciò che ruota intorno all’elezione del nuovo pontefice, ascolta però con grande interesse le spiegazioni e sta seguendo con attenzione quanto accade in Vaticano. In Mozambico invece la vita della Chiesa di Roma appare più distante, soprattutto nelle comunità più sperdute. Abbiamo raccolto alcune testimonianze tra missionari che vivono in Africa e Asia.

(foto: A.Gazzera)
In Sud Sudan è “ancora forte l’eco della morte di Papa Francesco, che è stato particolarmente vicino al Paese: lo ha visitato, lo ha conosciuto ed ha interagito con i leader politici e militari”, dice suor Elena Balatti, comboniana, direttrice di Caritas Malakal: “La Chiesa sta pregando. L’associazione delle religiose, ad esempio, ha diffuso sul suo sito una preghiera per il conclave, perché lo Spirito ispiri e guidi l’elezione del nuovo Papa”. Nella diocesi di Juba, capitale del Sud Sudan, c’è particolare attenzione perché il cardinale Stephen Ameyu Martin Mulla partecipa per la prima volta al conclave: “I cattolici di Juba sono orgogliosi e si sentono rappresentati in questo momento importante per la vita della Chiesa cattolica”.

Comunità cattoliche in preghiera per il Papa in Pakistan – (foto: Catholics in Pakistan)
In Bangladesh e Pakistan. La comunità del Pime (Pontificio istituto missioni estere) in Bangladesh sta seguendo, con tutta la Chiesa, le notizie relative al Conclave e al prossimo Papa. “Noi missionari stiamo pregando perché lo Spirito animi la legittima discussione e la scelta del successore di Francesco – afferma padre Giovan Battista Zanchi, responsabile della Pime House a Dhaka, in Bangladesh -.
Che cosa ci possiamo augurare? Che le grandi scelte missionarie e profetiche di Francesco continuino a guidare la Chiesa
nel suo rapporto essenziale con il Signore Gesù da una parte e con il mondo dall’altra. Certi, nella fede, che è appunto Lui e solo Lui a guidare la sua Chiesa nel mondo”. Padre Zanchi considera Papa Francesco “un profeta. E i profeti, si sa, sono scomodi. Perché essi, come anche i poeti, e Papa Francesco era anche questo, usano un linguaggio più intuitivo che analitico, più immagini che descrizioni, scuotono e scandalizzano…Come missionari non possiamo che apprezzare in Papa Francesco un grande missionario del nostro tempo, che ha fatto dell’annuncio della gioia del Vangelo il programma del suo pontificato. Ed è appunto la letizia, radicata nella speranza e frutto della fede nella infinita misericordia di Dio nei confronti del mondo, che ci sembra essere l’eredità più preziosa di questo Papa sorprendente”. In Pakistan, dopo aver seguito i funerali del Papa in tv e organizzato celebrazioni apposite, anche on line, ora la minoranza cattolica sta pregando per il nuovo Papa. Tante messe e momenti di preghiera si sono svolti a Lahore, Karachi, Multan e in altre città pakistane.

Cattolici in preghiera nella Repubblica Centrafricana – (foto: A.Gazzera)
Nella Repubblica Centrafricana la notizia della morte di Papa Francesco è arrivata rapidamente, nonostante le enormi distanze e le difficoltà di connessione. “Incontrando catecumeni e cresimandi, e le varie comunità, ho potuto parlare di Papa Francesco, ma anche di come avviene la scelta del successore di Pietro”, racconta padre Aurelio Gazzera, carmelitano scalzo e vescovo di Bangassou: “Per molti è una novità assoluta: la popolazione è giovanissima (più del 50 % della gente ha meno di 18 anni), e quindi ha pochi ricordi dei papi precedenti, complice anche la mancanza di giornali, televisioni e radio.
La presentazione della scelta del successore di Pietro è accolta con molta attenzione: è chiaro per tutti che non è una comune elezione
(con tanto di corruzione, scelte e strategie, come spesso succede in Centrafrica) ma un’azione dello Spirito Santo”. In più tra i cardinali c’è anche un centrafricano, il card. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo della capitale Bangui, nato proprio a Bangassou. “Il fatto che i media siano poco accessibili – commenta il vescovo Gazzera – ci aiuta a non disperderci troppo tra le chiacchiere e le opinioni varie. E con tutta la Chiesa stiamo pregando forte perché il nuovo Papa sia la persona che lo Spirito Santo ha suscitato per confermarci nella fede”.

Don Silvano Daldosso, Mozambico (foto: S.Daldosso)
In Mozambico. Le notizie arrivano invece a fatica nelle 35 piccole comunità cristiane seguite da don Silvano Daldosso, missionario fidei donum della diocesi di Verona, in Mozambico da 18 anni. Dopo essere stato a Cavà, nell’inquieto nord del Paese, da quasi due anni è stato incaricato di aprire una missione in una zona isolatissima tra altipiani e montagne. “Per questa gente che non ha accesso all’energia, alla rete telefonica, alla radio, alla tv, Roma è assolutamente molto lontana”, spiega, tranne quando c’è stata la visita di Papa Francesco nel 2019. “Si prega la domenica nelle comunità, c’è un ricordo di Papa Francesco e una attesa per il nuovo Papa ma tutto ciò non creerà sconvolgimento”, ammette il missionario. “Culturalmente, dal punto di vista sociale, economico, politico siamo in tutt’altro contesto – ricorda -. Il Conclave è una questione che tocca i vescovi e i sacerdoti. Per la popolazione è un evento lontano, che ci sia un Papa o l’altro qui non cambia nulla, anche perché la Chiesa locale è presa da questioni gravi, tra cui le difficoltà economiche delle diocesi”. Il fatto positivo è che in Mozambico c’è un aumento costante dei cristiani ma il dato può essere anche un po’ ingannevole, “perché ad un aumento di quantità non sempre corrisponde la qualità. Certo le celebrazioni africane sono vivaci ma poi è da valutare quanto questi entri nel profondo del cuore”, precisa.
“Quello che sta succedendo in Italia come evento mediatico qui toccherà il 15/20 % della popolazione.
Personalmente attendo che ci sia la possibilità di una Chiesa che si apra, attenta alle nuove Chiese – africane, asiatica – senza ridursi a pensare solo ai numeri, apparentemente positivi. Bisogna capire su quali strade stiamo camminando, per non percorrere, con decenni di distanza, gli stessi cammini dell’Europa, dove ci si è resi conto che non si è seminato l’annuncio di Cristo dentro i cuori”.