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America Latina: le iniziative per ricordare le vittime e celebrare la Pasqua in famiglia

Un’altra Pasqua senza messe in presenza di fedeli, o con una partecipazione assai ridotta, in molte zone dell’America Latina. Ma anche con originali iniziative per ricordare le vittime del Covid-19 e per valorizzare la preghiera in famiglia. Se dodici mesi fa l’impossibilità di assistere all’eucaristia era generalizzata, praticamente in tutto il continente, ora la situazione è a macchia di leopardo, ma quasi ovunque, nella migliore delle ipotesi, la partecipazione è fortemente ridotta. È il caso, per esempio, di Guadalupe, a Città del Messico. Nel maggior santuario del mondo le celebrazioni potranno tenersi in presenza ma con molte limitazioni e senza grossi numeri, dato che la capitale messicana si trova in questo momento in “zona arancione”. Anche in Cile i vescovi hanno chiesto e ottenuto di non chiudere le chiese. Ma alle Messe possono assistere pochissime persone. Apertura con molte restrizioni in Venezuela, in Colombia, in gran parte dell’Argentina. Pasqua viene vissuta “in presenza” a Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana, tra gennaio e febbraio emblema mondiale della pandemia fuori controllo. Ma senza fedeli in gran parte del Brasile, a cominciare dal santuario nazionale di Aparecida. In Perù le Messe in presenza ci sono state fino alla Domenica delle Palme. Ma non ci saranno fedeli durante le celebrazioni del Triduo e della domenica di Risurrezione

Un’altra Pasqua senza messe in presenza di fedeli, o con una partecipazione assai ridotta, in molte zone dell’America Latina. Ma anche con originali iniziative per ricordare le vittime del Covid-19 e per valorizzare la preghiera in famiglia. Se dodici mesi fa l’impossibilità di assistere all’eucaristia era generalizzata, praticamente in tutto il continente, ora la situazione è a macchia di leopardo, ma quasi ovunque, nella migliore delle ipotesi, la partecipazione è fortemente ridotta. È il caso, per esempio, di Guadalupe, a Città del Messico. Nel maggior santuario del mondo le celebrazioni potranno tenersi in presenza ma con molte limitazioni e senza grossi numeri, dato che la capitale messicana si trova in questo momento in “zona arancione”. Anche in Cile i vescovi hanno chiesto e ottenuto di non chiudere le chiese. Ma alle Messe possono assistere pochissime persone. Apertura con molte restrizioni in Venezuela, in Colombia, in gran parte dell’Argentina.

Pasqua viene vissuta “in presenza” a Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana, tra gennaio e febbraio emblema mondiale della pandemia fuori controllo. Ma senza fedeli in gran parte del Brasile, a cominciare dal santuario nazionale di Aparecida. In Perù le Messe in presenza ci sono state fino alla Domenica delle Palme. Ma non ci saranno fedeli durante le celebrazioni del Triduo e della domenica di Risurrezione.

La variante brasiliana si diffonde. Le decisioni seguono l’andamento della pandemia. Un anno fa il Covid-19 aveva da poco fatto la sua comparsa nel continente e già stava divampando. Nei mesi successivi l’America sarebbe diventata l’epicentro mondiale dei contagi. Poi, in autunno, la pressione si è nuovamente spostata su Stati Uniti ed Europa. Ma in questi giorni, la “variante brasiliana” sta dilagando. Proprio in Brasile, anzitutto, con più di 3mila morti al giorno nell’ultima settimana e 80-90mila contagi quotidiani. Ma anche in Paraguay, in Perù (altro Paese particolarmente colpito nella prima fase), in Cile. In tutta l’area dell’America Latina e Caraibi ci sono stati circa 25 milioni di contagi accertati e oltre 750mila morti. Ma si teme che, come lo scorso anno, i mesi peggiori debbano ancora arrivare, anche in considerazione della lentezza con cui procede la campagna vaccinale.

“Vivremo la Settimana Santa, seguendo le orme del nostro Maestro e Salvatore, consapevoli dei limiti delle circostanze imposte dalla pandemia del Covid-19, prendendoci cura della vita di ogni fratello e sorella, un dono inviolabile, come Chiesa che celebra, annuncia, prega in famiglia, accoglie e conforta”, scrivono i vescovi brasiliani nel messaggio diffuso all’inizio della Settimana Santa.

A Lima Settimana Santa tra “periferie” e famiglia. In tale contesto, a livello ecclesiale, si diffondono iniziative di solidarietà, momenti di ricordo per le vittime, schede, utilizzo dei social e delle nuove tecnologie, strumenti per vivere in famiglia la Pasqua. “Sono scintille di un nuovo modo di essere Chiesa”, afferma al Sir da Lima l’arcivescovo Carlos Castillo Mattasoglio, primate del Perù. Proprio l’arcidiocesi di una delle metropoli più grandi dell’America Latina si sta rendendo protagonista, in questi mesi, e anche in occasione dell’attuale Settimana Santa, di iniziative particolarmente originali, unendo la prossimità ai bisognosi alla preghiera in famiglia, valorizzando in modo intelligente i video e i social network.

Venerdì, per esempio, la “Via crucis delle periferie” ha unito virtualmente le diverse zone della città e le tante situazioni di sofferenza. E per questa Settimana Santa l’arcidiocesi ha suggerito di vivere in famiglia alcuni dei riti più sentiti. Una scelta spiegata attraverso video pubblicati su Youtube e su Facebook. Prosegue mons. Castillo, spiegando le scelte dell’Arcidiocesi ma, idealmente, anche molte altre iniziative intraprese nel continente: “Abbiamo deciso di valorizzare i gesti partecipativi della famiglia, nell’ottica dell’Anno di san Giuseppe e dell’Anno dell’Amoris Laetitia indicati da papa Francesco, con l’obiettivo che proprio le famiglie siano sempre più missionarie. Tali iniziative sono inserite in un impegno più vasto della Chiesa, di ogni parrocchia, che sta cercando di dare la priorità al dialogo con le persone più fragili che sono confinate, a diffondere una cultura della custodia della vita e della solidarietà. Mi ha colpito la forte condivisione che si è sviluppata attorno ai progetti della Caritas”.

In questo contesto, certo straordinario, dato che “tutti sappiamo bene quanto i sacramenti, la partecipazione alla Messa siano importanti, la gente capisce che la vita cristiana si sviluppa anche in altre forme, quelle che io chiamo scintille. Noi tutti apprendiamo che la religiosità si porta nel cuore e si vive nella vita di tutti i giorni. Pensando alla Settimana Santa, ci rendiamo conto che molti riti possono essere vissuti in famiglia, dalla lavanda dei piedi all’adorazione della croce, fino alle letture della Veglia pasquale”.

“Memoriali” delle vittime del Covid. Ma l’arcidiocesi di Lima, in questi mesi, è diventata “apripista” anche di un’altra pratica, quella dei “memoriali” per ricordare coloro che sono morti a causa della pandemia. In occasione del Corpus Domini, lo scorso anno, la cattedrale è stata “rivestita” con quasi seimila foto di persone decedute, inviate dai loro familiari.

Qualche mese dopo, la notte del 1° novembre, Sulla facciata della cattedrale sono state proiettate, in un clima di preghiera e di forte impatto emotivo, oltre diecimila foto di peruviani morti.

L’intento non era certo quello di “spettacolarizzare” la morte di tante persone, spiega l’arcivescovo, ma di “valorizzare quanto di buono e puro c’è nella religiosità popolare. In Perù sempre le persone portano in tasca le foto dei familiari. In quelle occasioni abbiamo avuto una risposta corale davvero impressionante. Ricordare vuol dire andare al cuore della persona, ed è quello che abbiamo fatto. Ho scelto di incensare quelle foto e quelle immagini, voleva dire ricordare l’importanza che avevano avuto nella vita di tante persone, e rivivere i gesti di Gesù, che ‘tocca’ e chiede di ‘fare memoria’. Ecco, allora la scelta di incensare e benedire con l’acqua”.

Altri “memoriali” sono sorti, in questi mesi, nel continente. Di recente è accaduto nell’arcidiocesi di Olinda e Recife, nel Nordest del Brasile. Le colonne e le mura secolari della cattedrale espongono le foto di 500 persone decedute, mentre le foto degli operatori sanitari si trovano sulle pareti della chiesa. L’installazione è stata benedetta dall’arcivescovo, dom Fernando Saburido.

Sicuramente, in questi giorni, si pregherà anche per i vescovi (attualmente una ventina) e per le centinaia di sacerdoti, religiosi e religiose che in tutto il continente sono morte a causa del Covid-19.

(*) giornalista de “La difesa del popolo”

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