
Si muove nello stesso perimetro tematico della miniserie Netflix “Adolescence”. Parliamo del nuovo film di Ivano De Matteo, “Una figlia”, che fotografa il deragliamento di una famiglia per l’improvviso, inspiegabile, atto di violenza di una quindicenne perbene. Un’opera che accende le stesse domande che affollano il dibattito pubblico, tra responsabilità genitoriali, assenza di dialogo e “misteriosi” territori dell’adolescenza oggi. Protagonisti un intenso Stefano Accorsi e la brava Ginevra Francesconi. In sala anche la commedia sentimentale “L’amore, in teoria” firmata Luca Lucini, a vent’anni da “Tre metri sopra il cielo”. Sguardo generazionale sui giovani, tra sogni e inquietudini verso il futuro, ma soprattutto il desiderio di un amore che faccia la differenza, lontano dall’occasionalità o banalità. Protagonista un convincente Nicolas Maupas.
“Una figlia” (Cinema, dal 24 aprile)
“Si dice: mettetelo in carcere e gettate la chiave. Io ho raccolto quella chiave e sono entrato. Ho provato a seguire i protagonisti di nascosto, rubare le loro emozioni e trasmetterle in modo immediato e vivido, senza filtri”. Così il regista romano Ivano De Matteo, nel raccontare il tracciato del suo ultimo film, il dramma familiare-esistenziale “Una figlia”, che esplora la condizione di chi è caduto nella spirale dell’errore, di chi è finito nella vertigine del male. Il film pedina una quindicenne che si è macchiata inspiegabilmente di un delitto, ma a ben vedere allarga il campo dello sguardo sulla figura paterna, sul ruolo genitoriale, esplorandone dolore, silenzi, mancanze e sensi di colpa. Un film che, casualmente, intercetta il tema del momento, acceso dalla miniserie Netflix “Adolescence” e amplificato anche dalla cronaca.
“Una figlia” è scritto dallo stesso De Matteo insieme a Valentina Ferlan, liberamente ispirato al libro “Qualunque cosa accada” di Ciro Noja. Protagonisti Stefano Accorsi e Ginevra Francesconi, affiancati da Michela Cescon e dalla cantautrice Thony. Presentato al Bari International Film Festival 2025, il film è targato Rodeo Drive e Rai Cinema, nelle sale con 01 Distribution.
La storia. Pietro è un cinquantenne rimasto vedovo con una figlia adolescente, Sofia. La nuova relazione dell’uomo con Chiara altera gli equilibri in casa. Sofia si sente esasperata e, in un momento di tensione, accoltella la donna. Inizia così una discesa negli inferi del dolore e della colpa, l’ingresso nel carcere minorile. Fuori, Pietro non si dà pace…

(Ph. Francesca Fago)
Dopo i riusciti “I nostri ragazzi” (2014) e “Mia” (2023), Ivano De Matteo torna ad approfondire il rapporto genitori-figli. I suoi racconti sono ancorati alla realtà, alla cronaca, componendo dei quadri di un efficace realismo drammatico. In “Una figlia” vediamo una famiglia borghese scivolare nella disperazione più fosca: una giovane donna, Sofia, radicata ancora nell’età protetta dell’adolescenza, che in preda alla gelosia per la nuova compagna del padre commette un gesto irreparabile. Uccide. Da lì si apre un buco nero che inghiotte tutto, lei e il padre. Sofia dal giorno alla notte si scopre adulta, chiamata a vivere una situazione più grande di lei: sperimenta il carcere, le perquisizioni, la solitudine della cella. La sua infanzia è finita, il suo mondo “innocente” andato in frantumi. Per lei, però, si apre un percorso possibile di comprensione e riparazione.
C’è poi il padre Pietro, che ha perso tutto. Già vedovo, ha perso la nuova compagna e la figlia. L’uomo si affligge, dilaniato da interrogativi e dai sensi di colpa. Si chiede chi sia quella ragazza che “indossa” il nome di sua figlia, ma che non riconosce; si chiede quali mancanze abbia, in quanto genitore, per aver condotto la figlia a una tale reazione estrema. Si tormenta, ma in ultimo lascia comunque aperta la porta del cuore: Pietro capisce che resta sempre padre di Sofia, nonostante gli errori commessi. E allora raccoglie la responsabilità del suo ruolo, decidendo di varcare la soglia del carcere e ritrovare sua figlia.
Ivano De Matteo governa, con precisione e delicatezza, un film duro e difficile. Come nel precedente “Mia”, indaga le fratture dell’animo senza assumere posizioni giudicanti o mettere in scena situazioni ricattatorie. Racconta un’umanità ferita, “imperfetta”, cui riconosce il dovere di ascolto e la possibilità di riscatto. Di redenzione. “Una figlia” è un’opera asciutta, ben sorretta da un cast in parte; tenendosi lontano dal pietismo, l’autore si fa osservatore della realtà, lasciando allo spettatore le domande cui dare risposta. Complesso, problematico, per dibattiti.
“L’amore, in teoria” (Cinema, dal 24 aprile)
Un film generazionale, direzionato ai ventenni che si affacciano sulla soglia dell’età adulta, tra percorsi universitari, aspirazioni future e il desiderio di un amore importante, che vada oltre la fugacità della vita contemporanea. È “L’amore, in teoria”, nuova commedia sentimentale diretta da Luca Lucini (“Tre metri sopra il cielo”, “Solo un padre”), nata da un soggetto di Gennaro Nunziante (regista dei film di Checco Zalone e di Pio e Amedeo). Protagonista Nicolas Maupas, affiancato da Martina Gatti, Caterina De Angelis, Francesco Colella e Francesco Salvi. Il film, nelle sale dal 24 aprile, è targato Indiana Production, Vision Distribution, Sky e Netflix.
La storia. Milano, oggi. Leone è un ventiduenne studente di Filosofia. Da lungo tempo innamorato di una sua compagna di liceo, Carola, non riesce però a smarcarsi dal ruolo di amico. A causa di questo amore non corrisposto viene coinvolto in un equivoco che gli comporta dei lavori socialmente utili. Accompagna ogni giorno nelle mense religiose un gruppo di senzatetto, tra i quali il sessantenne Meda, cui confida i suoi tormenti di cuore. Durante tale esperienza fa la conoscenza di Flor, una coetanea che si batte in difesa dell’ambiente e che rifiuta ogni tipo di coinvolgimento sentimentale…
“Esattamente vent’anni – ha dichiarato il regista – da quando realizzai il mio film d’esordio, quel ‘Tre metri sopra il cielo’ che è diventato un piccolo cult per una generazione di giovani e giovanissimi e che ha raccontato loro con sincerità forza e sofferenza del primo amore. Sono cambiate tante cose in vent’anni, tantissime nel modo di relazionarsi e di innamorarsi, e proprio questo è diventato per me un interessantissimo punto di vista da cui partire”.
“L’amore, in teoria” è una commedia sentimentale che punta dritto a un pubblico di ventenni, che si trova a vivere quella stagione della vita tra l’indipendenza della maggiore età, le aspettative verso il domani, in maniera idealistica e romantica, e una ricerca dell’amore gentile, più autentico e meno occasionale. Il protagonista, Leone, è un ventiduenne che potrebbe essere etichettato come “goffo” oppure “nerd”, perché appassionato di filosofia, solido nelle amicizie e sognatore nei sentimenti, desideroso di un amore vero. La sua traiettoria è descritta in maniera interessante: non uno spavaldo o disinibito, ma un ragazzo genuino che vuole mettersi in gioco in maniera autentica, adulta, sincera, con l’amore. Non vuole conformarsi alla famelicità che abita social e app di incontri, ma cerca legami marcati da autenticità. E se le intenzioni narrative sono acute e non scontate, componendo un racconto leggero e arioso, simpaticamente frizzante, a volte il film incede in maniera un po’ claudicante per una sceneggiatura non sempre compatta o solida. Nella logica di un racconto pensato per giovani adulti, il film comunque funziona, regalando evasione e riflessione. Consigliabile, semplice, per dibattiti.