Donazione organi. La storia di Giordano e della mamma Annalisa: “Quando hai un cuore nuovo lo devi custodire”

Giordano ha quasi 5 anni, ma negli ultimi sette mesi la sua vita è stata appesa ad un filo. Poi, finalmente, l'arrivo di un cuore ed il trapianto a Torino. Nel racconto della mamma, in occasione della Giornata nazionale per la donazione degli organi che ricorre domenica 14 aprile, il timore di perderlo, la sofferenza e l’attesa condivisa con le altre mamme in ospedale, la gratitudine a medici e infermieri, la commozione nei confronti dei genitori che hanno avuto la forza di trasformare la disperazione per la perdita di un figlio in dono di vita per altri bambini

(Foto Pasqualin/SIR)

Il 20 aprile Giordano compirà 5 anni grazie ad un trapianto di cuore a Torino che gli ha salvato la vita. “Abbiamo rischiato di perderlo” ci racconta la mamma, Annalisa Margarino, insegnante genovese che da otto mesi vive con Giordano all’ospedale Regina Margherita del capoluogo piemontese. “In questi otto mesi ho imparato di più che in dieci anni di vita”, ci confida in occasione della Giornata nazionale per la donazione degli organi che quest’anno ricorre domenica 14 aprile. Nelle sue parole il timore di perdere Giordano, la sofferenza e l’attesa condivisa con le altre mamme, la gratitudine a medici e infermieri, e la commozione riconoscente nei confronti dei genitori che hanno avuto la forza di trasformare il dolore lancinante della perdita di un figlio in un dono di vita per altri bambini. Giordano in questi giorni è di nuovo al Regina Margherita perché ha avuto due infezioni, “cose che capitano ai trapiantati; nulla di allarmante ma va seguito perché essendo immunodepresso potrebbe rischiare molto”, ci dice la mamma e aggiunge sorridendo:

“Quando hai un cuore nuovo lo devi custodire”.

Annalisa, che cosa è successo?
Lo scorso luglio eravamo in vacanza come ogni estate a Camaldoli: Giordano, il fratellino più grande, Gioele, di quasi 8 anni, mio marito ed io. Era il 26, giorno del mio onomastico, non lo dimenticherò mai. Giordano ha iniziato a sentirsi male. All’inizio pensavamo a un’influenza o a un’infezione virale e, pur essendo in contatto costante con la nostra pediatra, eravamo relativamente tranquilli. Ad un certo punto, però, ha smesso di essere reattivo. Le dottoresse di turno nel Pronto soccorso di Arezzo hanno intuito che c’era qualcosa di più serio di una gastroenterite virale ed hanno avvisato il primario, in quel momento non in servizio, che, rientrato, ha avuto la lucidità di fargli un ecocardio dal quale è emersa una cardiomiopatia dilatativa. Allertato il Meyer di Firenze, lo hanno ricoverato in Terapia intensiva. Siamo stati sostenuti dalle psicologhe perché

i medici, molto espliciti, ci dissero che era in fin di vita e avrebbe potuto morire.

Non essendoci Cardiochirurgia al Meyer, è stato trasferito a Massa, sempre in Terapia intensiva, dove ci hanno detto che avrebbe avuto bisogno di un trapianto di cuore e lo hanno attaccato all’Ecmo (Ossigenazione extracorporea a membrana), un macchinario per far ripartire il battito. Di qui la corsa in elicottero a Torino, Giordano ed io, mentre mio marito ci seguiva in auto, fino al Regina Margherita.

Immagino la vostra preoccupazione, il cuore in gola…
La consapevolezza arriva dopo, ma ricorderò quel volo tutta la vita, anche perché Giordano è arrivato a Torino con un colorito terreo, davvero in fin di vita. È stato un mese in terapia intensiva con l’Ecmo. Dopo i primi tempi in cui facevamo avanti indietro dall’astigiano dove abbiamo una casa, abbiamo avuto un appoggio a Torino. Dalla sua miocardite da infezione virale si è lentamente ripreso anche se ho visto tanti bambini che purtroppo non ce l’hanno fatta (e qui si la voce si incrina…). Dopo il miglioramento, all’improvviso, una notte, un nuovo crollo che lo ha riportato, spaventatissimo, in Terapia intensiva.

Da mamma, che cosa ha provato?
Mi ha colpito che lui, nel periodo del miglioramento prima della nuova crisi, ci dicesse che era felice di essere vivo. Come può un bimbo di quattro anni e mezzo avere questa consapevolezza? Noi eravamo disperati ma abbiamo scelto di affidarlo alla preghiera di amici e parenti, e il sapere che c’era una rete di preghiera è la cosa che ci ha dato più forza, quello che ci ha sostenuto dall’inizio di questo percorso fino al trapianto. Ora Giordano sta bene, ma la situazione è molto delicata: quando si sostituisce un pezzo, cioè il cuore, bisogna custodirlo. E’ un dono grande e prezioso e stiamo insegnando a Giordano a prendersene cura.

Come è cambiata la vostra vita?
C’è stata una rivoluzione di prospettiva, sono cambiate urgenze e priorità. E poi la necessità di occuparsi anche di Gioele, non ha neppure otto anni e anche lui ha bisogno di affetto e attenzioni. Lo abbiamo informato delle condizioni di Giordano scegliendo le parole adatte, ma senza nascondergli la gravità della situazione. Per molto tempo non ha visto il fratellino ed ha avuto paura che non ci fosse più, vedendolo dormire temeva fosse morto. Ora anche Giordano tenta di capire a modo suo che cosa gli sia successo; si guarda le cicatrici sul cuore quelle femorali e dice: “Qui mi hanno messo il cuore artificiale, qui mi hanno messo l’Ecmo”.

Finalmente lo scorso febbraio è arrivato il cuore tanto atteso…
Sì, dopo sette mesi di attesa in ospedale è stato finalmente possibile effettuare il trapianto. Quando la dottoressa mi ha avvertito, l’ho abbracciata stretta provando felicità immensa ma anche profonda commozione e gratitudine per i genitori che hanno donato il cuore del loro bambino che non ce l’ha fatta. Piangevo così tanto che quando ho chiamato mio marito per dirglielo, li ha temuto fosse successo qualcosa di irreparabile. Si è precipitato qui in ospedale e abbiamo trascorso la notte svegli, tenendoci per mano. Il mio pensiero andava dalla speranza nel trapianto al dolore della famiglia che nella sofferenza più disumana che possa capitare a un genitore ha trovato la forza di donare la vita ad altri. Abbiamo visto genitori in reparto perdere i figli, ed anche noi ci siamo andati vicino… (e la voce si incrina di nuovo)

Giordano si è salvato grazie al trapianto di cuore. Che cosa si sente di dire a chi nutre riserve o resistenze sulla donazione degli organi?
Non trovo parole, mi fa venire i brividi pensare alla grandiosità di questo gesto: un piccolo seme piantato che dà nuova vita. Una vita che si ferma ma che consente nuova vita a qualcun altro… è meraviglioso.

Per me la capacità di donare che germoglia nel dolore più atroce è eucarestia.

Quest’anno, il Giovedì Santo ho pensato alle famiglie che hanno donato gli organi, al loro immenso atto d’amore, un gesto quasi eucaristico. Giordano ha ricevuto il cuore il 9 febbraio. Dopo 12 giorni è avvenuto un altro piccolo miracolo: Sofia, una bimba di sei mesi ha ricevuto il suo cuoricino e dopo 12 giorni l’ha ricevuto anche Fahd, un bimbo che era in attesa da più tempo. In reparto, noi tre mamme non pregavamo mai per uno, ma per tutti i nostri tre figli e speravamo che i cuori arrivassero tutti insieme.

Loro musulmane, io cristiana, ci siamo sostenute e accompagnate anche con la preghiera come sorelle.

Il cuore di Giordano è arrivato poco prima dell’inizio della Quaresima; gli altri due poco prima dell’inizio del Ramadan. Queste coincidenze sono dei segni.

Annalisa, con quali occhi guardate ora al futuro?
Piano piano, stiamo uscendo dall’ospedale e dobbiamo prepararci a riprendere gradualmente e con delicatezza la vita normale. Quando i controlli si diraderanno – ora Giordano deve fare day-hospital tutte le settimane – potremo finalmente tornare a Genova. E la prossima estate in vacanza perché abbiamo bisogno di recuperare pezzi di vita. Però con profonda gratitudine, dopo avere “imparato” la fragilità e la preziosità della vita. Personalmente mi sto chiedendo come restituire quanto ricevuto. E’ un dono talmente grande, questo della vita, da chiedere restituzione. Ma vorrei aggiungere un’altra cosa sulla donazione degli organi.

Certo…
C’è ancora molta resistenza anche perché sembra che sperare in un dono significhi augurarsi la morte di un bambino, ma non è così. Quando in ospedale aspetta un organo nuovo per suo figlio,

un genitore non spera nella morte di un altro bimbo, ma semplicemente che nella disperazione più buia germogli la forza di un dono.

Ho visto in questi mesi tanti bambini che non ce l’hanno fatta e me li porto tutti nel cuore. Il dolore, o fa indurire e rinchiudere rabbiosamente in se stessi, oppure trasforma e insegna a vivere con più amore, a benedire la vita, a ringraziare e restituire, a capire e accogliere la sofferenza degli altri, farla propria e sostenerla.

Il nostro Ssn è a rischio. Nei giorni scorsi quattordici personalità del mondo della scienza e della ricerca sono scese in campo con un appello in sua difesa. Voi avete toccato con mano quanto sia prezioso.
Assolutamente sì. Se fossimo stati in un altro Paese del mondo, anche più ricco, Giordano sarebbe probabilmente morto. Siamo stati fortunati. Giordano ha avuto bisogno di cure costosissime, terapia intensiva, trapianto; non ce li saremmo potuti permettere altrimenti. Non possiamo rischiare di perdere tutta questa ricchezza. Abbiamo toccato con mano anche delle eccellenze a livello medico e infermieristico, professionisti competenti e umani nonostante turni di lavoro pesantissimi, giorno e notte. E anche gli Oss. Un lavoro, quello svolto negli ospedali, che meriterebbe maggiori riconoscimenti.

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