Covid-19, disabilità e frattura sanitaria. Di Maolo (Serafico): “La rivoluzione della cura parte dalla logica del cuore”

La salute è “un diritto inviolabile di ogni persona”, eppure “oggi non è garantita a tutti”, afferma la presidente dell’Istituto Serafico di Assisi. “In Italia – aggiunge - nessuno si è chiesto quale sia stata l’incidenza e la mortalità del Covid sulla disabilità, e i disabili sono stati dimenticati dal piano nazionale di vaccinazione”. Tuttavia, se una società non si prende cura “dei suoi membri più vulnerabili, non ci potrà essere né giustizia né progresso”

Arrivano qui nudi, soli, fragili: ti prendono il cuore. Guardandoli penso siano i più poveri di tutti; poi però la vita ritesse i fili. Lui non ce l’ha fatta, ma è stato circondato di un amore così grande e così speciale che ci ha fatto sentire che era il prediletto, l’amato, vicino al cuore di Dio come lo sono i più poveri tra i poveri”. Francesca Di Maolo, presidente dell’ Istituto Serafico di Assisi che accoglie e riabilita ragazzi con gravi patologie e/o disabilità psichiche e sensoriali complesse e ogni giorno tocca con mano le difficoltà causate dal Covid-19, si emoziona nel ricordare uno dei suoi ospiti, di soli 30 anni, morto lo scorso dicembre per gravi complicanze polmonari legate all’infezione. “Abbandonato alla nascita – racconta al Sir – e approdato da noi a quattro anni, era diventato un figlio a tutti gli effetti, come il piccolo di tre anni arrivato in agosto, anch’egli abbandonato alla nascita”.

Per loro Di Maolo lotta con tenacia; per questo, dopo avere denunciato la mancanza, nel piano strategico nazionale anti Covid-19 elaborato dal ministero della Salute, delle persone disabili e dei loro caregiver tra le categorie da vaccinare con priorità, il 2 febbraio ha lanciato una petizione diretta al governo, al suddetto ministero e alle amministrazioni regionali. Persone dimenticate – dice – come le residenze per disabili e le strutture residenziali sanitarie per disabili gravi”. Di qui la richiesta di un rapido intervento correttivo per colmare questa “grave lacuna” espressione anch’essa, di quella “frattura sanitaria che diventa anche frattura sociale”, evidenziata nei giorni scorsi dal cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti in apertura dei lavori del Consiglio episcopale permanente.

“Abbiamo bisogno del vaccino – insiste la presidente del Serafico – per mettere in sicurezza le vite fragili dei nostri ragazzi”. Ma l’appello è stato fatto anche pensando ai tanti giovani disabili chiusi in casa con i genitori, “che hanno bisogno di tornare alla normalità e sono i più esposti al rischio”. Di Maolo spiega che soprattutto nell’ambito dell’autismo e della disabilità psichiatrica, la riduzione degli incontri dei suoi ospiti con i familiari e la limitazione del contatto fisico ha provocato un aumento di comportamenti disadattivi. “Non posso utilizzare i teli di plastica trasparenti che si usano nelle Rsa: i miei ragazzi non lo capirebbero, hanno bisogno che la mamma li abbracci e li stringa a sé. Per questo abbiamo deciso di consentire gli incontri previo tampone molecolare dei familiari”.

Ma questa “dimenticanza” esprime anche l’incapacità da parte delle istituzioni di leggere il tessuto sociale e le urgenze reali. In Italia nessuno si è chiesto quale sia stata l’incidenza e la mortalità del Covid sulla disabilità: abbiamo cercato dati in tal senso senza trovarli. Non cercare dati significa non porsi il problema”.

Più in generale, soffermandosi sulla riflessione del card. Bassetti, la presidente del Serafico osserva che nonostante la salute sia “un bene e un diritto fondamentale e inviolabile di ogni persona, oggi non è garantito a tutti”. Un tema che le è molto caro: “il motivo per il quale l’Istituto ha partecipato lo scorso novembre a The Economy of Francesco. Per alcune persone la salute e il prendersi cura stanno diventando dei privilegi. Troppa gente rinuncia a curarsi perché non se lo più permettere, e questo è intollerabile”. La salute, del resto, “non è influenzata solo dal patrimonio genetico o dall’accesso a sistemi socio-sanitari di qualità – come il nostro Ssn, peraltro legato ad un modello di Welfare obsoleto – ma è in stretta correlazione con il livello di istruzione, il lavoro, il reddito (e quindi anche la povertà), l’ambiente in cui si vive quotidianamente. I cosiddetti “determinanti sociali della salute”. “E’ intollerabile – ribadisce – che chi è povero, chi perde il lavoro, chi ha un basso livello di istruzione abbia meno salute. Un’ ingiustizia inaccettabile”

E se la pandemia “sta provocando uno tsunami sul nostro sistema sociale” la politica dovrebbe avere “una visione in grado di tenere insieme tutte queste dimensioni”. Anche quella economica, nella consapevolezza che “se non ci prendiamo cura dell’uomo nella sua integralità, e in particolare dei membri più fragili della società, non ci potrà essere né sviluppo né progresso. Il sistema economico che ha mostrato tutti i suoi limiti dovrà essere inclusivo, in grado di non lasciare indietro nessuno”.Il card. Bassetti auspica “un vaccino per la salute della mente” richiamando anche il vaccino del cuore evocato da Papa Francesco. Di Maolo non ha dubbi: “Abbiamo bisogno di un impulso che parta dal cuore e ci porti a riconoscere l’altro nei suoi bisogni e nelle sue necessità. Nell’apertura della Fratelli tutti il Papa evoca l’immagine del buon samaritano che agisce perché ha provato compassione. Il suo gesto è scattato dal cuore perché tutto parte da lì:

il linguaggio della fraternità e della cura ha bisogno della logica del cuore.

Occorre lasciarsi ferire”. Così, dopo la rivoluzione industriale, postindustriale, 2.0, 4.0, per Di Maolo “è arrivato il tempo della rivoluzione della cura: dal to cure al to care. Un prendersi cura che abbiamo toccato con mano più volte in questi tempi di coronavirus. Ho nella mente gli occhi dei medici che ho visto uscire dalla rianimazione, spesso segnati dalle lacrime; oppure quelle carezze ai malati che dimostrano come la relazione di cura si esprima non solo nella professionalità degli operatori, ma anche nella loro capacità di tenerezza e di relazione. E se in questi piccoli gesti quotidiani possiamo spezzare la logica dell’egoismo, occorre impregnare tutta la società con la cultura della cura. Nel riportare il più fragile al centro si giocano i nostri valori di uguaglianza, democrazia e giustizia”.

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