Ci lasciamo guidare anche questa settimana, per le nostre brevi riflessioni, dalla coincidenza del calendario domenicale. In questa XXXII domenica del tempo ordinario, infatti – ormai verso la conclusione dell’anno liturgico -, prevale nelle celebrazioni, in tutte le chiese, il formulario della festa della Dedicazione della Basilica di San Giovanni in Laterano, la “cattedrale del vescovo di Roma”. Un’occasione per rievocare quanto il papa ha sottolineato l’1 novembre, nella solennità di tutti i santi, quando ha proclamato John Henry Newman “dottore della Chiesa”, in occasione del Giubileo del mondo educativo, parlando appunto dalla sua cattedra pontificia a quanti, per compito, siedono in cattedra o comunque hanno l’importante e cruciale ruolo di educatori, oltre che a quanti dalle cattedre dovrebbero accogliere, ma non certo subire, insegnamenti. Quanto sia incalzante la “emergenza educativa” ce lo stanno a testimoniare quotidianamente le incongruenze, se non addirittura le aberrazioni, che coinvolgono tanti minori, “orfani” di sani orientamenti da parte delle famiglie o delle varie agenzie educative che faticano a “rincorrerli”, a dialogare, a persuaderli su strade di maturazione umana e – aggiungiamo, senza tema di smentita – cristiana. Ma bando al pessimismo e lottare sempre contro il nichilismo, come ammoniva il papa! Ciò che dobbiamo ribadire, invece, è la fiducia che un messaggio valido e persuasivo possa raggiungere i cuori e le menti delle nuove generazioni. Tornando a Roma, anche se la “cattedra” di Pietro, primo vescovo di Roma, è innalzata nella gloria del Bernini sopra l’altare della confessione nella basilica del colle Vaticano, la vera “cattedrale” del vescovo romano è appunto l’altra basilica maggiore, che anzi è la “prima” tra le quattro, in quanto “chiesa madre” di Roma e universale, quella sul colle Celio (detto poi anche Laterano) risalente agli inizi del IV secolo, quando il Cristianesimo si affermava ormai pubblicamente: è l’arcibasilica dal titolo più completo “del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista” in una sintesi straordinaria di titolari che sono tutto un programma per tutta la Chiesa. Basilica di S. Pietro, dunque – potremmo dire – dalla quale il papa “governa”, e basilica di S. Giovanni, dalla quale il papa “insegna”, come ad esprimere la necessaria equilibrata sintesi tra l’uno e l’altro compito – quello gerarchico e quello “didattico” o magisteriale – del successore di Pietro. Ma per tutti i cristiani unico e vero Maestro è Gesù del quale non possono non essere “discepoli” che pendono dalle sue labbra: da lui apprendono i santi e a lui devono fare riferimento tutti gli educatori cristiani. John Henry Newman – sottolineava papa Leone, eleggendolo com-patrono degli educatori insieme a San Tommaso d’Aquino e proclamandolo anzi patrono dell’Università Urbaniana (preposta dal 1600, con le sue varie facoltà, all’educazione dei missionari del Vangelo a partire proprio da quanti provengono dai territori “di missione”) – con il suo appello alla “luce gentile” del Maestro Gesù, ci insegna a fare delle “scuole, delle università e di ogni realtà educativa, anche informale e di strada, come le soglie di una civiltà di dialogo e di pace”, facendo circolare nel mondo attuale – anche appunto nelle nostre strade, senza fare alcuna differenza di persone – “le grandi ragioni della speranza”. Ognuno – affermava con forza Newman – ha il suo ruolo da svolgere nella società e nella Chiesa, nessuno è inutile, tutti possono e devono dare il loro contributo: a questo l’educazione deve stimolare e incoraggiare, puntando al massimo che è la “vocazione universale alla santità”. Bellissima la citazione da parte di Leone XIV del “suo” Agostino, tanto amato anche dal cardinale inglese: “Noi siamo compagni di studio che hanno un solo Maestro, la cui scuola è sulla terra e la cui cattedra è in cielo (cfr. Sermo 292, 1)». “Che meraviglioso sbilanciamento – commentava il direttore de L’Osservatore Romano Andrea Monda -: l’intera esistenza umana vista come trovarsi nella “compagnia” di un Maestro da seguire attraverso uno “studio” che ha un piede sulla terra e uno in cielo!”. Tutti, dunque, maestri e discepoli, educatori ed educandi, in cammino, in fraterna compagnia, in dialogo costante, con lo sguardo convergente verso un punto sempre più alto, che porti fino al cielo, senza demordere. Anche se le parole del papa-maestro tante volte ci sembra non vengano ascoltate, è fondamentale che vengano pronunciate da quella cattedra: non mancheranno ascoltatori, anche insospettabili; o, almeno, non si potrà dire che non sono state enunciate. “Ammonisci, riprendi, esorta” – scriveva Paolo a Timoteo. Vale per il papa e per ogni educatore cristiano, sapendo poi che colui che “fa crescere” è sempre Dio.
Vincenzo Tosell