
Non pensavo che in un solo giorno sarebbe stato eletto il nuovo Papa. Tutti siamo condizionati dai mezzi di comunicazione e dai loro messaggi: “I cardinali non si conoscono, l’eredità di Francesco è impegnativa, ci sono tante divisioni all’interno del collegio cardinalizio…”. E invece l’ennesimo miracolo dello Spirito Santo si è fatto beffe della nostra poca fede e dei nostri ragionamenti troppo umani e ci ha donato un Papa che da subito ci è sembrato un dono meraviglioso, una speranza per la Chiesa e per questa nostra umanità.
Anzitutto il nome Leone XIV che richiama Leone Magno che negli anni della decadenza dell’impero romano tenne unita la Chiesa e sul fiume Mincio fermò Attila che stava marciando su Roma. E poi Leone XIII che aprì la grande pagina della dottrina sociale della Chiesa. Come non pensare anche a frate Leone, il discepolo più vicino a San Francesco, il frate a cui Francesco insegnò la perfetta letizia.
E poi la prima apparizione dalla loggia delle benedizioni con quel sorriso timido ed emozionato, lo sguardo umile e affabile e le sue parole tutte concentrate sul Risorto che porta una pace “disarmata e disarmante, umile e perseverante”. Cosa può fare la Chiesa se non portare questa pace che cerca di scavare nel cuore dell’uomo e fargli riscoprire la dignità e la bellezza di una vita donata, di una fraternità solidale, contro ogni volontà di potenza che genera solo morte e distruzione?
Due soli riferimenti a sé stesso e alla sua biografia: un abbraccio alla diocesi del Perù che aveva servito e amato prima di essere chiamato a Roma e l’omaggio a Sant’Agostino e alla sua appartenenza agostiniana. Solo questo e abbiamo capito subito che al centro del successore di Pietro ci sarà Gesù e il vangelo. Lo dirà il giorno dopo nella prima omelia ai cardinali: “Sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”.
Il suo programma racchiuso in poche parole: “Camminare insieme a voi, come Chiesa unita cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo, per essere missionari”. Perché la Chiesa è proprio quel popolo santo di Dio che papa Francesco celebrava spesso nei suoi interventi e papa Leone descrive così: “Non la magnificenza delle strutture e la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto la santità dei suoi membri, di quel ‘popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa'” (1Pt 2,9).
Venerdì scorso, il giorno dopo l’elezione, nella liturgia abbiamo letto il racconto della conversione di Paolo (At 9,1-20) e don Vincenzo, direttore del nostro settimanale, nella sua breve omelia in Cattedrale ha applicato due frasi di Gesù al nuovo Papa: “Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni”; e poi: “Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome”. Ci inchiniamo contenti di fronte alla prima affermazione: questo è il dono che Dio oggi fa alla sua Chiesa e siamo consapevoli della verità della seconda affermazione sulla sofferenza perché molti si aspettano che il Papa porti avanti le loro istanze e sono pronti a criticare ogni parola o gesto che andasse da un’altra parte. Siamo certi che il vangelo sarà la bussola di Leone XIV, l’evangelizzazione sarà l’obiettivo prioritario, la sinodalità, come ha detto, sarà lo stile del governo, e le sofferenze saranno compagne di viaggio com’è di ogni discepolo che vuole seguire il Signore.
Giovanni Paolo, Benedetto, Francesco e ora Leone; ciascuno ha amato e servito la Chiesa con le proprie caratteristiche e un proprio stile, ciascuno ci ha regalato pagine di vangelo. Papa Leone XIV certamente ci stupirà. Buon cammino, papa Leone.
(*) vescovo di Chioggia