Speranza. Mons. Sorrentino: “Il mondo converta la sua immensa capacità comunicativa in una grande rete del bene”

San Francesco e il beato Carlo Acutis, dice al Sir l’arcivescovo-vescovo, “sono figure in movimento. Francesco sottrasse la vita consacrata alla sua figura stanziale e ne fece una figura dinamica. Carlo è il beato della tecnologia informatica. Nel nostro santuario della Spogliazione, all’interno del vescovado, dove ora c’è il Museo della memoria apriremo il Museo della speranza”

foto SIR/Marco Calvarese

È da poco iniziato un nuovo anno. Ogni volta l’Incarnazione di Gesù viene a riportare la speranza nel nostro mondo, che oggi più che mai è attraversato da guerre spietate, dal Medio Oriente all’Ucraina passando per i tanti conflitti dimenticati nel mondo, da violenza feroce, pensiamo ai tanti femminicidi che hanno insanguinato il nostro Paese nel 2023, da povertà estrema, da cambiamenti climatici che aggravano le condizioni dei più fragili. E, mentre continuiamo a sperare che il nuovo anno sia meno drammatico del 2023, già all’orizzonte si staglia un grande evento al cuore della Chiesa, che coinvolgerà fedeli di tutto il mondo: il Giubileo del 2025, che ha per motto “Peregrinantes in Spem”. Con l’arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, mons. Domenico Sorrentino, riflettiamo sulla speranza, a partire da Assisi, culla di San Francesco e luogo di approdo del giovane beato Carlo Acutis.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Eccellenza, da Assisi che parola di speranza arriva?

Una speranza vera e grande. Vera, perché è fondata sull’annuncio di Gesù, che Francesco scelse come unica gioia del suo cuore, diventando capace, per questo, di rinunciare a tutto. Dimostrò così che si può essere poveri, in condizione di fragilità, privi di umane risorse e garanzie, eppure felici. Gesù è davvero il Salvatore. Speranza grande, perché proprio la vicenda di Francesco mostra di quale “rivoluzione” sia capace una conversione, una conversione autentica e profonda: non cambia solo l’animo del convertito, ma coinvolge e travolge, creando un movimento spirituale di risurrezione anche nelle situazioni più tristi e umanamente disperate. Bisogna guardare in positivo.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La Chiesa di Assisi ha due “testimonial” di eccezione: San Francesco e il beato Carlo Acutis. San Francesco è l’uomo della pace, dell’incontro, del dialogo e ad Assisi Giovanni Paolo II promosse l’incontro interreligioso per la pace il 27 ottobre 1986. La diocesi, infatti, continua a pregare ogni 27 del mese con una particolare intenzione per la pace. Quale strada oggi San Francesco ci indica per la pace e con la pace per ritrovare la speranza?

La prima cosa è nel suo stesso saluto: “Il Signore vi dia la pace”. Non è solo un augurio , ma un’invocazione, una preghiera. La pace riparte dalla preghiera. Fu anche questa l’intuizione di San Giovanni Paolo II quando convocò ad Assisi i leader religiosi del mondo. Naturalmente, una preghiera che sia autentica e che, pertanto, coinvolga la vita, nell’ascolto e nella pratica della Parola di Dio. Abbiamo bisogno che la grazia intenerisca e illumini i cuori di quanti hanno responsabilità decisionali. Occorre una cultura della pace. Scelte economiche coraggiose di fronte alla scandalosa spesa per le armi. Occorre sconfiggere la cultura delle egemonie politiche e trovare la forza di riconciliazioni difficili. Ognuno deve impegnarsi a suo livello. Ma chi, se non Dio, può dare la forza di tutto questo?

San Francesco con il suo Cantico delle Creature ci invita anche a lodare Dio per il dono del Creato, ma l’uomo purtroppo ha devastato sempre più l’ambiente che lo circonda e la risposta della natura non tarda ad arrivare. A Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre si è tenuta la Cop28. Sull’esempio del Poverello, come riprendere un cammino di speranza per un futuro migliore?

Passo dopo passo, questi raduni internazionali portano a un progresso di sensibilizzazione, anche se i risultati sono sempre inferiori alle attese. Mi pare che anche il grande slancio di qualche anno fa della mobilitazione giovanile si sia alquanto affievolito. Ma non ci si può arrendere, anche perché non ci sono scelte alternative. Quello che la scienza documenta e i fatti estremi di cui siamo sempre più spesso testimoni e vittime dovrebbero essere più convincenti per tutti.

(Foto Siciliani – Gennari/SIR)

L’altro grande testimonial è Carlo Acutis, un giovanissimo che parla ai giovani. Nell’udienza alla Fisc dello scorso 23 novembre, il Papa ancora una volta ha portato l’esempio del giovanissimo beato che “ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza”, riprendendo le parole della “Christus vivit”. Come la speranza passa attraverso la testimonianza di Carlo Acutis e parla ai giovani di oggi?

È incredibile il “lavoro” che questo quindicenne sta facendo dal paradiso. Nel giro di pochi anni, qui ad Assisi abbiamo avuto un incremento massiccio di visite proprio per lui, tanti ci chiedono reliquie e missioni nelle più svariate parti del mondo. Quello che mi sembra più importante è che eserciti una particolare influenza sui giovani.

In poche battute, quasi tweet, spiega il Vangelo.

Invita i suoi coetanei ad essere originali, non fotocopie, e a farlo con Gesù. Sono testimone di quanto i giovani si sentano attratti da lui.

Foto Siciliani-Gennari/SIR

Nel 2025 si celebra il Giubileo e il suo motto è “Peregrinantes in Spem”: le storie anche di vita di San Francesco e di Carlo Acutis come ci insegnano a essere pellegrini di speranza, malgrado le difficoltà, le sofferenze, le malattie?

Tutte e due le personalità sono figure in movimento. Francesco sottrasse la vita consacrata alla sua figura stanziale e ne fece una figura dinamica. Carlo è il beato della tecnologia informatica. Nel nostro santuario della Spogliazione, all’interno del vescovado, dove ora c’è il Museo della memoria apriremo il Museo della speranza, con gli ambienti che ci mostreranno le prospettive che nascono dalla spogliazione e che vanno dalla custodia dell’ambiente al rinnovamento dell’economia, fino a una cultura di pace. L’ultimo ambiente, che può dirsi anche il culmine, si chiamerà “L’internet dell’Eucaristia”: un nome per dire il programma di un mondo che deve convertire la sua immensa capacità comunicativa in una grande rete del bene. Tutto ci porterebbe a disperare. Ma

la speranza cristiana torna sempre ad albeggiare. Il Giubileo ci aiuterà.

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