Mons. Sapienza: “Il cristianesimo non è noia, ma gioia”

Nel suo ultimo libro, mons. Sapienza rilegge i Vangeli festivi dell'anno liturgico interrogandosi sulla "vita felice", all'inizio di questo nuovo anno. Oggi assistiamo ad una "nuova ignoranza di Dio".

foto SIR/Marco Calvarese

“Il cristianesimo non è noia, ma gioia”. Parte da questa constatazione, spesso contraddetta da molte omelie che risultano astruse e slegate dalla vita, mons. Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, che nel suo ultimo libro – “La Parola nel cuore” (Editrice Rogate) – rilegge i Vangeli festivi dell’anno liturgico in corso a partire da uno sguardo appassionato, realista e intriso di speranza sui cardini portanti della fede cristiana, spesso sottotraccia anche nelle esistenze delle persone che si dichiarano credenti.  ”La vita sa essere un tormento! E la fede, certo, non preserva da tutto questo”, scrive l’autore: “Eppure, un cristianesimo non può mai essere triste. Il male non avrà l’ultima parola! Se capiamo di essere amati, allora nulla ci può far paura!”.

“Comincerà davvero per noi ‘la vita felice’ in questo nuovo anno?”,

la domanda all’inizio del 2024, unita alla considerazione che “nel bilancio della vita della società prevale il segno meno”. La felicità, però, “non ha bisogno del più ma del poco; è più intensa, se sboccia dopo un dolore; è autentica, solo se è pura. Tocca a noi saper riscoprire e reinventare ogni giorno motivi di bene e di felicità”. E ancora: “Dobbiamo essere cristiani innamorati. Innamorati a vita! Divorati da una passione incontenibile. L’amore si diffonde per contagio, e se il nostro amore è freddo, non può trasmettersi”. A volte, invece, “diventiamo quasi ribelli alla gioia: i nostri cuori sono stanchi e chiusi. Siamo diventato così pessimisti, che crediamo di essere ragionevoli!”. Il solo modo per invertire la rotta è la testimonianza autentica e concreta: “Se non vogliamo apparire marginali nella società, impegniamoci con passione a testimoniare il fermento del Vangelo, il seme dell’amore di Dio!”.

La malattia spirituale del nostro tempo, la tesi di mons. Sapienza, “è l’indifferenza, l’apatia, l’abitudine”: “Oggi assistiamo a una nuova ignoranza di Dio.

C’è chi lo ignora per partito preso, per pregiudizio; c’è chi lo ignora perché nessuno glielo ha presentato; c’è chi lo ignora perché così gli fa comodo; c’è chi, pur avendolo conosciuto, vive come se Dio non esistesse. Come c’è pure qualche cristiano che dice di conoscerlo, di averlo incontrato, ne parla spesso, ma vive di una fede tiepida, debole, abitudinaria”.  La fiducia in Dio è la nostra ultima spiaggia, come ci insegna San Tommaso d’Aquino: “l’onnipotenza di Dio si manifesta soprattutto nel perdono e nella misericordia”. Ce lo ricorda in tutto il suo magistero Papa Francesco, quando ci chiama “peccatori perdonati”.  “Dio ci vuole bene. Ha l’occhio sempre aperto su di noi, e aspetta che ricambiamo il suo amore. Dio ci ama, ci compatisce, ci perdona, ci consola e niente lascia cadere delle nostre parole, delle nostre lacrime, delle nostre opere buone”.

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