Sinodo. Mons. Kikuchi (Tokyo): “La sinodalità non è uniformità”

Ieri e questa mattina si sono svolte la 13ª e la 14ª Congregazione generale del Sinodo sulla sinodalità. Sotto esame il modulo B3 dell’Instrumentum laboris, dedicato alla questione dell’autorità nella Chiesa

(Foto Vatican Media/SIR)

“La sinodalità non è uniformità, è camminare insieme nelle nostre rispettive culture”. A precisarlo è stato mons. Tarcisio Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, durante il briefing odierno in sala stampa vaticana sul Sinodo sulla sinodalità, in corso in Aula Paolo VI fino al 29 ottobre. “Quando siamo a Roma parliamo usando una terminologia universale, ma dobbiamo ricordarci che una soluzione non necessariamente va bene per tutti”, ha sottolineato il presule, precisando che tra gli asiatici la sinodalità è una pratica già esercitata: “In Asia abbiamo moltissime lingue diverse, non possiamo utilizzare un’unica soluzione per camminare insieme: ci aspettiamo che le comunità locali siano rispettate, quando si parla di sinodalità nella Chiesa cattolica”. A descrivere la sinodalità sperimentate in Africa, in una parrocchia rurale, nei primi anni da suora, è stata suor Mary Teresa Barron, presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg): “Il mio ruolo era quello di accompagnare i gruppi di giovani e di donne nella parrocchia: ho vissuto un’esperienza sinodale prendevano le decisioni insieme con i laici. Tante persone hanno deciso di abbracciare la fede da adulti per poi diventare missionari in modo consapevole”. “L’esperienza che sto vivendo qui al Sinodo mi riporta all’Africa orientale”, ha rivelato suor Barron: “Ci ritrovavamo ogni domenica in una capanna di fango, in seduti in circolo per condividere la nostra fede e chiederci come vivere la fede nella comunità per poi agire di conseguenza. Molte persone non avevano istruzione, condividevamo la fede nel profondo del cuore e decidevamo insieme, ogni voce aveva lo stesso peso. Questo ho vissuto nei Circoli Minori: non importa chi ci sia nei tavoli, il nostro amore per Cristo ci ha chiamato a fare questa esperienza di Chiesa. “Dobbiamo ascoltare di più chiese più giovani, emergenti, che hanno ancora la partecipazione alla base della vita della Chiesa”.

“Il tema che ci vede tutti uniti è quello sinodalità. Per quanto riguarda i temi specifici di cui si è parlato, non credo che ci si esprimerà in questa fase o prima del 2024, e non sono neanche sicuro che accadrà nel 2024”.

Mons. Gintaras Grušas, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), ha risposto così alle domande dei giornalisti su quali siano i temi del Sinodo in cui si può già dire che si sia registrata una convergenza, o si prevede si prenderà qualche decisione. “Se cresciamo nella sinodalità, la sinodalità farà parte della vita di tutti”, ha affermato il presule, precisando che

“il Sinodo non sta cercando di prendere decisioni su temi dottrinali o dogmatici. Ognuno ha la possibilità di fare le proprie esperienze ed esprimere liberamente le proprie opinioni. Non c’è un preconcetto sull’esito di questo Sinodo: qui il processo è più importante delle conclusioni”.

Sulla stessa linea suor Houda Fadoul, siriana, originaria della Chiesa greco-cattolica, che ha testimoniato: “Nonostante i temi, la cosa più importante è la metodologia che stiamo imparando ad esercitare: come si può ascoltare l’altro, come capire cosa dice l’altro per condividerlo nella preghiera, senza pregiudizi. L’ascolto è la parola chiave per la nostra vita religiosa”.

“Ci sono opinioni diverse, ma discutiamo di questi temi”. Suor Barron ha risposto così ad una domanda su come si sia affrontato in Aula Paolo VI il tema del diaconato femminile. “Non importa quello che penso io, è più importante quello che pensa il Sinodo”, ha precisato la religiosa: “la questione è sul tavolo, il Sinodo deve discernere insieme su queste questioni”. Per suor Fadoul, “è più importante che un uomo o una donna prenda coscienza del proprio rispettivo ruolo nella Chiesa: in Siria lavoriamo insieme con i sacerdoti e i diaconi, ed è un’esperienza molto bella. Credo che il concetto di complementarità sia molto importante per qualsiasi questione riguardi il ruolo della donna all’interno della comunità ecclesiale”. “Al Sinodo la discussione è molto più ampia”, ha fatto notare Grušas: “Non si può ridurre ad un sì od un no al diaconato femminile. Il dibattito sui nuovi ministeri fa parte di uno scambio molto ampio, nell’ambito del tema di fondo: come vivere la Chiesa in un modo diverso, con un dialogo migliore. Vivere la sinodalità significa sperimentare e trovare un processo nuovo, piuttosto che dire sì o no ad una specifica proposta”. “Ci sono differenze a livello di opinione”, ha confermato mons. Kikuchi, secondo il quale “ciò che significano alcune parole dipende dal background personale. Ci sono grandi differenze, ma è troppo presto prendere una decisione in questa fase”. Al centro delle Congregazioni di ieri e di stamattina – la tredicesima e la quattordicesima – c’è stato l’esame del Modulo B3 dell’Instrumentum laboris, dedicato alla questione dell’autorità nella Chiesa. Ieri – ha riferito Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede e presidente della Commissione per l’Informazione, erano presenti 341 persone – su 365 membri del Sinodo con diritto di voto – mentre oggi 343.

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