Padre Demush (Ucraina), “la nostra speranza è che i giovani ucraini possano ricominciare a sognare di nuovo”

Padre Demush, della pastorale giovanile della chiesa greco-cattolica, racconta la Gmg vissuta dai giovani ucraini: "il momento più toccante è stata la Via Crucis. Volevamo far sentire il grido per la Pace. Volevamo radunare le nostre ferite con le piaghe di Gesù Cristo, consapevoli, che dopo la morte c’è la Risurrezione. Le persone che ci passavano accanto, si fermavano, ci abbracciano, hanno condiviso il nostro dolore e piangevano con noi. E’ stato un momento che ci dice una cosa molto importante per noi: non siamo soli”.

(foto p. Demush)

“Speriamo che questa esperienza vissuta alla Gmg sia stata per i giovani ucraini un’oasi spirituale che possa ora aiutarli a ricominciare a sognare di nuovo, nonostante la loro giovinezza sia stata rubata dalla guerra”. E’ padre Roman Demush, vice capo dell’Ufficio della pastorale giovanile della Chiesa ucraina greco-cattolica, a raccontare al Sir come gli oltre 500 giovani ucraini che hanno partecipato alla Gmg di Lisbona, stanno tornando a casa. Sono ancora in viaggio tra Barcellona, Madrid, e poi la Francia, fino ad arrivare al confine ucraino. “I giovani – dice il sacerdote – stanno tornando con la ricchezza dell’esperienza. Prima di tutto, hanno fatto esperienza di Chiesa universale nella quale si sono sentiti accolti. Si erano preparati a dare tanto, tornano a casa con la sensazione di aver tanto ricevuto. Hanno poi vissuto un’esperienza di popolo, vissuta insieme ad altri coetanei di tutto il mondo. E poi un’esperienza di incontro vivo con Gesù. Stanno tornando stanchi ma felici”.

(foto p. Demush)

Si sono sentiti accolti e sostenuti, come desideravano alla vigilia della Gmg?

Sicuramente sì. Gli incontri con i giovani di tutto il mondo sono stati davvero una benedizione. Questa vicinanza e solidarietà sono state vissute durante tutti i giorni di permanenza a Lisbona. Vedendo le bandiere ucraine, i giovani della Gmg si avvicinavano, battevano le mani. C’era chi gridava: forza Ucraina! In questo tempo di prova, sono segni di fraternità al popolo ucraino che incoraggiano.

(foto p. Demush)

Quale il momento più forte?

La Via Crucis. I giovani hanno indossato delle magliette con l’immagine dei bambini morti e uccisi dalla guerra. Ogni bambino, con il suo volto e il suo nome, la data della nascita e della morte. Volevamo prenderci un ruolo silenzioso per la Via Crucis, per far sentire a tutti il grido del silenzio! Far sentire la voce di chi non pronuncerà mai più parola! Il grido per la Pace in Ucraina e nel mondo intero. Volevamo radunare le nostre ferite con le piaghe di Gesù Cristo, consapevoli, che dopo la morte c’è la Risurrezione. Le persone che ci passavano accanto, si fermavano, ci abbracciano, hanno condiviso il nostro dolore e piangevano con noi. E’ stato in momento che ci dice una cosa molto importante per noi: non siamo soli.

E poi papa Francesco.

Per tanti è stata una sorpresa. I giovani hanno potuto parlare con il Santo Padre, stare insieme a lui, con lui piangere e pregare. I giovani hanno potuto raccontargli la verità. I 500 giovani che hanno partecipato alla Gmg , sono arrivati a Lisbona con una missione: essere gli ambasciatori dei loro coetanei rimasti in patria. I giovani hanno avuto la possibilità di stare a lungo con papa Francesco, parlare liberamente delle loro ferite, senza nessun testo preparato, chiedere, ascoltare. E’ stato toccare con mano la paterna vicinanza del Papa. Ci ha colpito in modo particolare quando si è scusato per l’impotenza di non poter fare niente di più perché il male è molto crudele. Ma noi abbiamo sentito che Papa Francesco vuole curare le ferite del nostro popolo e dei nostri giovani.

(foto p. Demush)

È possibile sperare nella riconciliazione e nel perdono?

Un giorno, sì. Ma come ha detto mons. Américo Aguiar, vescovo ausiliare di Lisbona, dopo la visita in Ucraina che lo ha portato a Irpin e Bucha e dopo i vari incontri che ha avuto personalmente con i giovani ucraini, non è ancora il momento. Ci vuole tempo. Le ferite sono ancora aperte e sanguinano. Il perdono è un dono. Non è facile vivere con questo odio che i nostri ragazzi portano nei loro cuori nei confronti di chi è venuto ad uccidere i loro cari, fratelli, sorelle, padri e amici, a distruggere le case, rovinare la loro giovinezza. Chi chiede di essere perdonato, deve riconoscere il peccato e impegnarsi a non commetterlo più. Nessuno fino ad oggi si è scusato. In questi giorni tanti giornalisti ci hanno chiesto, anche in modo provocatorio, se i giovani ucraini sono pronti a perdonare, sono pronti al dialogo con i giovani della Russia presenti alla Gmg. Mi chiedo: dove erano questi giovani, perché non sono venuti da noi a chiedere perdono e a chiedere come stanno i giovani ucraini, che il loro Paese sta aggredendo. Se non c’è nessuno che chiede perdono, e nessuno che sente il peso della guerra, a chi possiamo donare il nostro perdono?

 

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