Dire la verità e farlo con carità

Commenti, approfondimenti, spunti operativi nel volume "Parlare col cuore", curato dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dal Cremit, ed edito da Scholé-Morcelliana. Pubblichiamo l'introduzione al testo firmata da Vincenzo Corrado e Pier Cesare Rivoltella

(Foto SIR)

Il cardinale Carlo Maria Martini, nel 1993, pubblica un piccolo libro intitolato Viaggio nel vocabolario dell’etica. Il volume è concepito come un vademecum per pensare l’etica, soprattutto l’etica pubblica: erano gli anni in cui il bisogno di una politica finalmente pulita si era manifestato con prepotenza, anche in relazione alla cronaca giudiziaria, e la figura del Cardinale si era subito imposta come naturale punto di riferimento per tutti, laici e cristiani.

Tra le “parole” del vocabolario, una in particolare è richiamata dal Messaggio per la 57a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (2023): sino a che punto si può essere sinceri? Detto in altri termini: è sempre giusto dire la verità? E cosa significa dirla “con carità”?

Martini, dopo aver spiegato che la questione è delicata e complessa, si limita a indicare due principi. «1. La sincerità va intesa anzitutto come la disposizione a dire tutto ciò che le singole materie e i singoli rapporti esigono, per loro natura, che sia espresso. Essa comporta dunque la capacità di distinguere quanto compete a tutti di conoscere». Parlare con verità, nella verità, non significa essere imprudenti, azzardati, tradire un segreto che ci è stato affidato. Tutto questo, fa osservare il Cardinale, non serve a rendere più trasparenti i rapporti, ma finisce per produrre l’effetto contrario. Il discernimento è importante e questo vale sia per la comunicazione privata che per la comunicazione sociale. Basta pensare a chi fa informazione e a come spesso possa confondere il servizio alla verità con la violazione del dovere del riserbo: quando obbedisco alla verità e quando invece inseguo lo scoop a tutti i costi?

«2. Insieme, la sincerità è la disposizione a non ricorrere mai alla menzogna. Chi vi ricorre anche per un apparente buon fine, specialmente se si tratta di un uomo politico, distrugge la credibilità sua e del suo gruppo». Se la sincerità deve essere praticata con discernimento, certo non deve mai cedere alla menzogna, nemmeno quando potrebbe sembrare che questa serva ad addolcire la verità. La verità è spesso aspra, spigolosa, può far male. E tuttavia, dice il Cardinale, non è accettabile che si confezionino “belle bugie”, con l’obiettivo di renderla meno dolorosa.

Nel Messaggio di papa Francesco questa doppia istanza – dire la verità, nel discernimento – è di sicuro presente. Vi aggiunge un’indicazione importante: ed è di farlo con carità. L’amore è davvero ciò che consente di rendere meno dolorosa la verità senza dover ricorrere alla menzogna.

Scriveva il Papa nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2016:

La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società. Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. E questo sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale. Pertanto, parole e azioni siano tali da aiutarci ad uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio. La parola del cristiano, invece, si propone di far crescere la comunione e, anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione.

Creare ponti. Favorire l’incontro. Obiettivi dell’agire comunicativo che a ben vedere richiedono anche una condotta professionale e personale basata sull’autenticità radicata nel cuore. È proprio la comunicazione con il cuore il tratto che caratterizza la riflessione di papa Francesco negli ultimi Messaggi, dove a essere chiamati in causa sono tre “sensi” centrali: il vedere, l’ascoltare, il parlare.

Nel condurre la consueta riflessione sul Messaggio del Santo Padre per la Giornata delle comunicazioni sociali, Parlare col cuore. «Secondo verità nella carità» (Ef 4,15), si è tenuto conto del percorso che il Papa ha compiuto nei testi degli ultimi tre anni (dal 2021 al 2023). Questo il sentiero di riflessione condiviso con i dieci autori dei saggi che compongono la proposta editoriale realizzata dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana insieme al Centro di ricerca CremiT dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un libro, giunto alla sua ottava edizione con Scholé-Morcelliana, pensato per valorizzare il Messaggio del Papa e favorirne una maggiore diffusione nella comunità. Tra i nostri destinatari giornalisti, operatori dei media, direttori diocesani, operatori pastorali e della comunicazione, così come sacerdoti, educatori, insegnanti, catechisti e in generale famiglie.

Il presente volume, sulla scorta delle edizioni passate, ha voluto mantenere e rafforzare uno sguardo multidisciplinare, coinvolgendo autori ed esperti provenienti dai più differenti ambiti di ricerca: a firmare i Commenti sono accademici, giornalisti, teologi, linguisti, scrittori, filosofi e studiosi che hanno sviluppato approfondimenti e suggestioni a partire dalle parole del Papa.

Ad aprire la sezione è Vincenzo Corrado con Quattro terapie per una comunicazione cordiale, in cui sottolinea che si tratta di «una questione di cuore non intesa come sentimentalismo astratto ma come input vitale per ogni processo comunicativo». «Il flusso – osserva – deve tornare a sgorgare dalla sua sorgente per non esaurirsi a metà del corso. È un’immagine evocativa che aiuta a focalizzare la sede primaria del comunicare: il cuore. Nel suo movimento di sistole e diastole è possibile rintracciare, metaforicamente, il legame tra incontro, ascolto e parola; allo stesso tempo, la coerenza tra pensiero, comunicazione e vita. Incontrare fa rima con pensare, così come ascoltare con comunicare e parlare con vivere. Perché, dunque, l’organismo comunicativo torni a svolgere al meglio le proprie funzioni è necessario seguire quattro terapie: quella della purificazione, della coscienza, della profezia e della speranza».
Sull’esempio di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, Paolo Ruffini nel contributo «Basta amare bene per dire bene» mette in evidenza come il Pontefice inviti «a guardare dentro il nostro cuore» ed esorti «a tornare alla radice della vocazione del giornalista e del comunicatore: cercare la verità con la saggezza del cuore puro, senza pregiudizi; fare i conti con la propria coscienza, saper discernere nella confusione, nelle contraddizioni, nel chiacchiericcio, la verità oltre l’apparenza. E condividerla, e farla crescere, nel dialogo, nella relazione».
Ad allargare il campo, a rivolgersi alla comunità tutta – in particolare ai giovani – e non solo ai professionisti della comunicazione, è Ernesto Olivero che nel suo testo Disarmare gli animi promuovendo un linguaggio di pace ragiona sul valore delle parole, a partire dall’esperienza dell’Arsenale della Pace. «Abbiamo capito che anche le nostre parole avevano un peso, così come il silenzio. È lo stile che di fronte a un problema non ti fa tirare fuori subito lezioni o soluzioni a buon mercato, ma accetta per prima cosa di piangere con chi piange, di ascoltare, di fasciare un dolore, un’attesa, appunto una speranza. Lo stile che di fronte a una lacrima non ti fa mai dire: “Che pena!”, ma “Cosa posso fare?”. Ancora una volta i fatti che possono dare concretezza ai nostri pensieri, ai nostri ideali, al nostro impegno. I fatti come parole della vita, come linguaggio della credibilità, come valore di una testimonianza anche silenziosa».

A schiudere la prospettiva dell’etica è Adriano Fabris – nel saggio Per una comunicazione coinvolgente – il quale ricorda che «la comunicazione è […] quell’esperienza imprescindibile nelle relazioni umane che va vissuta con misura, che va messa in opera eticamente. “Eticamente” significa in maniera rispettosa, attenta e cordiale nei confronti dei propri interlocutori. Bisogna evitare che nell’esperienza comunicativa si consolidino e vengano rilanciate quelle estremizzazioni che tengono vivo il conflitto, come si vede ad esempio in molti talk show. La gentilezza è un antidoto a questo esito».

Questioni indagate anche dalla Semiotica, come rileva Ruggero Eugeni nel testo Senza metterci la faccia. L’eclissi del volto nei media contemporanei: «Il “parlare col cuore” cui ci esorta il Messaggio del Santo Padre Francesco […] a mio avviso chiede di superare la contrapposizione un po’ sterile tra comunicazione online, offline o “onlife” (come qualcuno definisce le modalità ibride): i differenti modi e gli strumenti variabili della comunicazione non possono costituire un alibi per evitare o compromettere un dialogo cordiale, sincero, franco, capace di costruire spazi di non aggressione. Questo non toglie che gli strumenti linguistici e semiotici della comunicazione, che sono specifici delle differenti modalità espressive, possano esercitare forme di incoraggiamento o al contrario di resistenza rispetto a quel dialogo: è dunque opportuno vagliare questi strumenti per comprendere in quali forme e misure essi costituiscano dei facilitatori e quanto al contrario pongano delle resistenze al confronto sincero con gli altri».

In Parlare con il cuore, parlare secondo verità, Giuseppina D’Addelfio richiama sia il pensiero di Edmund Husserl che di Edith Stein e Dietrich von Hildebrand, ricordando che «nell’antropologia biblica il cuore non è il luogo delle emozioni superficiali e mutevoli, bensì è il centro della persona, coincidente con la sua interiorità e profondità, ma anche luogo delle decisioni, quindi innanzitutto del discernimento, e luogo dell’autentico incontro con l’altro». La studiosa invita a «riconoscere l’inscindibilità del nesso tra il parlare con il cuore e il parlare secondo verità».

Con rimandi alla poetica di Dante, Giovanna Frosini nel saggio “Cor ad cor loquitur”. Il cuore umile e grande della comunicazione afferma che «nella storia delle lingue, quelle che chiamiamo “volgari”, ossia del popolo, nascono per spontanea evoluzione dalla loquela originaria […]; divengono dunque le lingue della comunicazione quotidiana, naturale». In particolare, Frosini precisa che «l’idioma volgare è quello naturale, che si impara naturalmente, della casa, della madre, della balia; potremmo dire che la lingua la scrivono gli uomini, ma la trasmettono le donne. Non è dunque, quella di Dante, una considerazione di ignoranza; al contrario, è un’idea nuova e radicalmente cristiana di comunicazione, l’affermazione della sapienza più vera: il volgare è lingua naturale e sapienziale, e passa per le donne».

Il tema della sinodalità viene affrontato da Giuseppina De Simone nel testo Parlare con il cuore nel processo sinodale. Tale processo «che stiamo vivendo come Chiesa tutta, non solo ci sta aiutando a ritrovare l’essenziale del nostro essere Chiesa; ma nel modo stesso in cui lo si sta sperimentando, ci aiuta a comprendere la portata più ampia e la valenza umanizzante della missione della Chiesa». Infatti, «parlare con il cuore e a partire dal cuore ci sintonizza con la verità più profonda della nostra umanità e ci consente di riscoprirci insieme nella ricerca e nella costruzione di un mondo più umano e fraterno».

Arnoldo Mosca Mondadori, nel contributo Eucaristia: fonte e culmine della comunicazione, mette in condivisione una lettura personale, il valore del legame con il Santissimo Sacramento, da cui nasce «un nuovo possibile modo di comunicare». «Come nell’amore tra esseri umani – spiega – non vi è alcun sentimentalismo nella comunicazione che esiste con Gesù. È come se fosse necessario un “salto” culturale e di pensiero: ciò che accade tra Cristo e l’anima (e tutto l’essere umano) non ha nulla di sdolcinato. È una relazione reale, che non ha bisogno di essere rivestita di orpelli inutili. Per adorare, per lasciare che il suo cuore “parli” al cuore, non bisogna fare quasi nulla, se non aprirsi e lasciarsi amare, così come un bambino appena nato fa con sua madre».

Conclude la sezione dei Commenti Pier Cesare Rivoltella, che nel saggio Per una pedagogia del dialogo evidenzia come «il Messaggio per la 57a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali [chiuda] una trilogia sulla comunicazione costruita su altrettanti movimenti». In particolare, Rivoltella riflette sul movimento del parlare in quattro passaggi: «Dopo essere partiti da un’analisi di cosa sia comunicazione oggi e soprattutto di cosa intralci una comunicazione autentica (1), fermiamo l’attenzione sul fatto che la comunicazione è azione (2) e coinvolge l’intero essere dell’uomo (3), per delineare in conclusione il profilo di una pedagogia della comunicazione, oggi (4)».

A favorire una declinazione esperienziale del testo di papa Francesco è la seconda parte del volume Schede per un uso pastorale del Messaggio, il cui scopo è quello di sintonizzarne i temi con la prassi formativa ed educativa nelle nostre Diocesi, parrocchie e realtà comunicative.

Dodici le schede operative pensate per coinvolgere educatori, giovani, genitori, insegnanti di religione, giornalisti e operatori pastorali e della comunicazione. Un’opportunità per accostarsi in maniera concreta e partecipativa al testo del Papa, proponendo momenti di dialogo, dibattito, simulazioni formative che esplorino una molteplicità di linguaggi e approcci, dalla scrittura social a quella giornalistica sino al linguaggio cinematografico.

Autori dei contributi sono giornalisti e ricercatori dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali Cei e del Centro di ricerca CremiT dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: Domenico Beneventi, Stefania Careddu, Alessandra Carenzio, Elisa Farinacci, Eleonora Mazzotti, Mariangela Parisi, Sergio Perugini e Marco Rondonotti. Completa la sezione, ancora una volta, il contributo dell’Ufficio Liturgico Nazionale della Cei per una celebrazione della Parola pensata appositamente per la Giornata delle comunicazioni.

Insieme alle schede sono disponibili, attraverso un QR code collegato al portale dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, ulteriori strumenti come griglie di analisi, tracce per il lavoro, approfondimenti teorici e link utili. Gli stessi materiali sono presenti nell’area Padlet del Centro di ricerca CremiT (www.padlet.com/cremit/schede).

L’immagine di copertina per il secondo anno consecutivo è stata affidata all’artista contemporaneo Walter Capriotti, che ha proposto un’interpretazione del Messaggio di papa Francesco attraverso i codici del suo originale stile visivo. Una suggestione che ritorna anche nel manifesto che l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali condivide con le Diocesi per la 57a Giornata mondiale.

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