Spiritualità. Non esistono pellegrini sulla strada per Santiago

Tra i tanti, che metaforicamente o fattivamente si mettono in cammino ogni anno, molti decidono di intraprendere la strada che porta a Santiago de Compostela. Non tutti lo fanno per motivi religiosi, ma c’è anche la pietà popolare, ovvero chi decide di uscire da sé stesso e dalla propria vita e diventare pellegrino

C’è un antico rituale degli uomini che è quello di mettersi in cammino, spesso lo si fa per dimostrare qualcosa agli altri o a sé stessi.
Quel che è certo è che chiunque si metta in viaggio ha una sola condizione necessaria da accettare: il cambiamento.
Ogni cambiamento implica prima di tutto la consapevolezza di ciò che si è, senza per forza sapere chi si vorrebbe essere o diventare.
Tra i tanti, che metaforicamente o fattivamente si mettono in cammino ogni anno, molti decidono di intraprendere la strada che porta a Santiago de Compostela.
Non tutti lo fanno per motivi religiosi, c’è chi lo vive come una sfida sportiva, chi come un modo per conoscere persone e culture differenti, chi per avere il profilo Instagram aggiornato con foto di quella che sembra essere l’ultima moda del momento. Dopo il Covid si sono scoperti tutti appassionati di natura e trekking. Tutte cose condivisibili a grandi linee.
C’è anche, però, la pietà popolare, ovvero, in senso molto ampio, chi decide di uscire da sé stesso e dalla propria vita e diventare pellegrino.
I pellegrini, appunto.
È la parola che ho sentito più spesso nel mio cammino, ma nessuno sapeva spiegarmi cosa significasse realmente.
Non ho incontrato nemmeno un pellegrino in centinaia di chilometri percorsi.
Non esistono pellegrini sulla strada per Santiago, ne sono ancora convinto.

“I veri pellegrini son coloro che partono per partire”, diceva uno bravo.

Quando mi sono messo in cammino, non avevo bene idea di cosa andassi a fare, tantomeno a quale categoria appartenessi di quelle sopra citate, forse a tutte o a nessuna, ma c’era questa frase di Mazzolari che secondo me racchiudeva il senso del tutto, “partire per partire”.
E così sono partito tanto per partire.
Ci sono tante storie sul Cammino, e tutte ne raccontano la bellezza della sofferenza delle migliaia di passi, il ritrovare sé stessi, la felicità dell’arrivo a Santiago e la malinconia del ritorno. Anche queste cose sono tutte condivisibili. Quello che quasi nessuno dice è che il Cammino, anche se lo si fa per aggiornare i social, è sempre e comunque un atto di fede. È un atto di fede perché lo si fa per raggiungere qualcosa che non vedi mai, ma che è sempre con te.
Santiago “non esiste” fino all’ultimo giorno, pensavo spesso, però continuavo comunque ad andare.
La bellezza dell’andare, del partire per il partire.
Sei sempre in movimento, ma non ti sposti mai da te stesso, e questo inevitabilmente ti porta a riflettere e cambiare qualcosa. Il cambiamento non è mai statico.
Non è un’esperienza piacevole e non deve esserlo.
E così, passo dopo passo, impari ad abbracciare il dolore e lo sconforto. Ti metti nella condizione di accettare tutto ciò che viene, di intervenire su ciò che puoi e lasciar andare ciò che non serve.
Sei sempre più lento, ma ti senti sempre più veloce, o almeno credi di esserlo.
Impari a guardare e non solo a vedere.
Guardare e non solo vedere.
Potrebbero sembrare sinonimi ma non è così.
Il vedere è superficiale, fugace, non implica attenzione.
Guardare è difficile.
Ti obbliga a sentire le cose, provarle, è un gesto che richiede cura.
E così succede sul Cammino, mentre ti maltratti e il più del tempo lo passi a maledire la scelta che hai fatto inizi a guardare. Ti prendi cura di te stesso, dell’essenziale.
Guardi gli altri che sono come te intenti a maledire il tutto, ma continuano.
Guardi chi, esausto, molla prima dell’arrivo.
Li guardi e li capisci tutti.
L’importante non è arrivare, è muoversi, uscire da quel che si è per poi farci ritorno diversamente.
Poi un bel giorno arrivi, però, e continui a guardare.
Comprendi che è vero che non ci sono pellegrini sul Cammino, ma tutti saranno pellegrini una volta lasciata Santiago.
E forse ti ci senti anche un po’ tu.
Poi inizi a capire perché “Santiago non esiste”, ma esiste tutto quello che ti porta fino a lì.
È inutile raccontare aneddoti del viaggio, ognuno ne ha uno e sono tutti belli. Una cosa però mi ha colpito nei primi giorni di viaggio. Un irlandese abbastanza avanti con le birre e al suo decimo cammino che continuava a ripetermi in un italiano goffo che “Santiago è solo nella testa”. Io ora non so effettivamente la quantità delle birre, ma probabilmente in quel momento era più lucido di tanti di noi. Già sapeva che arrivarci è un atto di fede, appunto.

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