Il distintivo di Dio

Il messaggio della Pasqua appena celebrata ci invita alla speranza, nonostante l’attualità

(Foto Vatican Media/SIR)

Il Papa ha implorato con il suo incipit ormai famoso: «Per favore, per favore, non abituiamoci alla guerra». Così ha detto il giorno di Pasqua quando si è affacciato alla loggia di San Pietro per la benedizione Urbi et orbi. È uno dei pericoli del momento: fare il callo pure a ciò che sta accadendo in Ucraina, a 1.500 chilometri da noi, dove una nazione è stata invasa e milioni di persone vivono sotto le bombe. E alcuni milioni di altri sventurati sono fuggiti verso l’ovest del Paese, in Polonia e nel resto d’Europa, Italia compresa.

«Si smetta di mostrare i muscoli mentre la gente soffre», ha aggiunto il Pontefice. Si chieda invece «a gran voce la pace, dai balconi e per le strade. Pace. Chi ha la responsabilità delle nazioni ascolti il grido di pace della gente». Davanti ad appelli così forti, ogni volta mi chiedo come riescano capi di stato e di governo e pure dittatori a rimanere indifferenti. Mi domando come si possa decidere di proseguire con i bombardamenti, le rappresaglie, i missili, i carri armati. Non riesco a farmene una ragione.

Francesco urla davanti al mondo implorando la pace per gli anziani, i bambini, le famiglie spezzate, e non succede nulla. Le notizie di guerra superano le insistenti richieste di pace. Anzi, le azioni sul campo militare si intensificano, quasi a farsi beffe dell’implorazione del Santo Padre e di quanti, e noi fra quelli, chiedono con forza che tacciano le armi e si torni a incontrarsi e a dialogare.

La pace è minacciata in molte parti del mondo. In più occasioni nella Settimana santa Francesco ha ricordato questi conflitti. L’oblio è un rischio di questi nostri tempi iperconnessi. Invece si soffre ancora per tante guerre dimenticate. Il cainismo, come sottolineato da Bergoglio, è troppo diffuso. Il fratello uccide il proprio fratello. Sembra assurdo, invece accade sempre di più, anche nella nostra civilissima Europa, per come noi la interpretiamo a queste latitudini.

Il messaggio della Pasqua appena celebrata ci invita alla speranza, nonostante l’attualità. «Il distintivo di Dio è la gioia», ha detto un don nell’omelia di lunedì scorso.

«L’incontro con il Risorto risponde al desiderio del cuore», a una vita felice, appunto. Sembra che molti se ne siamo dimenticati, incapaci di ascoltare le domande più profonde, assordati dai rombi della guerra.

Cosa vale invece per ciascuno di noi?

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