Sfide quotidiane: camminare insieme

Siamo alla vigilia di un percorso voluto da papa Francesco: scoprire e vivere la sinodalità nel popolo di Dio. Ognuno, al di là del proprio stato di vita, è stato pensato, voluto, creato, chiamato e inviato dal Signore per edificare il suo popolo santo e custodire il bene comune. Dio affida ad ognuno il compito di coinvolgersi quotidianamente nella storia di cui fa parte, tenendo alta l’attenzione verso coloro che sono ai margini. Chiede a ciascuno di immergersi nella bellezza della vita in ogni momento, scegliendo di incarnare costantemente Cristo e il Vangelo, diffondendo ovunque passione e speranza. La preparazione all’apertura del sinodo nelle diocesi nel mese di ottobre sollecita tutto il popolo di Dio a riflettere sul mandato del Papa

foto SIR/Marco Calvarese

Siamo alla vigilia di un percorso voluto da papa Francesco: scoprire e vivere la sinodalità nel popolo di Dio. Ognuno, al di là del proprio stato di vita, è stato pensato, voluto, creato, chiamato e inviato dal Signore per edificare il suo popolo santo e custodire il bene comune. Dio affida ad ognuno il compito di coinvolgersi quotidianamente nella storia di cui fa parte, tenendo alta l’attenzione verso coloro che sono ai margini. Chiede a ciascuno di immergersi nella bellezza della vita in ogni momento, scegliendo di incarnare costantemente Cristo e il Vangelo, diffondendo ovunque passione e speranza.
La preparazione all’apertura del sinodo nelle diocesi nel mese di ottobre sollecita tutto il popolo di Dio a riflettere sul mandato del Papa. È questione di mettersi accanto alle comunità per far approfondire alcuni elementi della fede o è urgente abilitare i credenti ad acquisire degli strumenti, per favorire un processo di autoformazione in vista di una partecipazione attiva e consapevole nella Chiesa e nel mondo? Ognuno infatti è chiamato a rispondere al Signore della propria vocazione, diventando ciò che realmente è secondo il progetto di Dio.Finché i cristiani continuano a non essere protagonisti del loro cammino svolto davanti a Dio, non apriranno processi in vista della conoscenza e della cura di sé, della crescita e del cambiamento, della vita secondo lo Spirito, per divenire autentici testimoni del Signore risorto. Appropriandosi degli strumenti necessari per una costante autoformazione, la persona passerà dall’acquisizione dei saperi ad una visione ampia della storia, a volte composta da tante sfaccettature che vanno coniugate costantemente, per rendere visibile la presenza creatrice di Dio.
Ognuno è chiamato a riconoscersi parte dell’umanità, perché tale consapevolezza lo porterà a donare nella gratuità il proprio contributo: nella parrocchia, nelle comunità di consacrati, nella famiglia, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nella vita sociale, culturale e politica, ecc.

Il Vangelo non chiede ai credenti di mortificare la vita personale, ma esorta ad individuare vie nuove che aiutino a custodire criticamente la propria e altrui esistenza, attraverso il continuo confronto tra idee fondate e non intenzionali e con gli altri e la custodia del bene comune. Una sana programmazione pedagogica, tesa a coinvolgere tutti, nasce da una lettura evangelica della realtà concreta, in vista di un cambiamento reale di ciascuno.Per la realizzazione di un buon progetto che consente di aprire nuove strategie pedagogiche, occorre: l’analisi della situazione di partenza che garantisca la conoscenza oggettiva del cammino evangelico personale e comunitario, il riconoscimento dei bisogni effettivi del singolo e del gruppo da coniugare con il Vangelo, il discernimento degli obiettivi da raggiungere emersi dall’analisi di partenza, i contenuti da approfondire, l’individuazione del metodo e degli strumenti, la verifica.
Non si può, quindi, programmare un cammino senza i necessari passaggi che abilitino le persone, a livello personale e comunitario, a favorire concretamente l’assunzione di uno stile evangelico che permette di leggere e di interpretare i segni dei tempi secondo la prospettiva dello Spirito.
Tutti siamo chiamati a sentirci parte del popolo di Dio, ad essere consapevoli che qualsiasi storia umana “ci appartiene” e che Dio chiederà conto a ciascuno della nostra assenza o presenza. Non è questione di far funzionare l’ingranaggio, ma di adoperarsi perché l’amore del Padre di Gesù Cristo sia svelato in ogni situazione, anche attraverso la nostra prossimità.
Quando ognuno matura in sé la consapevolezza che l’altro/a è sempre mio fratello o mia sorella, al di là della lingua, popolo, nazione, religione, cultura, ecc., allora può dire di essere sceso dal piedistallo, per collaborare nella costruzione del Regno di Dio senza protagonismi, senza narcisismi o autoreferenzialità.

Una seria riflessione sulla sinodalità non si esaurisce sedendosi a tavolino.

Prima di tutto è necessario pregare, perché il Signore mandi il suo Spirito.

Poi bisogna coinvolgere tutti coloro che fanno parte delle svariate categorie, a partire da chi vive nella periferia della società, perché spesso Dio, come dice Francesco di Assisi, si rivela all’ultimo arrivato. Quando c’è il coinvolgimento di tutti a tappe diversificate, si può fare sintesi della complessità della storia vissuta a diversi livelli e in vari contesti: allora si permetterà a Dio di rivelare la sua presenza nel suo popolo tanto amato.
Stilando la scaletta redazionale, bisogna prevedere, per la riflessione e per l’attuazione dei processi, la rappresentanza di tutte le realtà ecclesiali, perché ogni categoria possa portare il proprio contributo. Se i credenti sono interpellati sulla vita dell’altro, nella chiamata personale ciascuno risponde a Dio e alla comunità della sua vocazione: nessuno lo può sostituire e se ciò sarà disatteso, le comunità resteranno impoverite.
E noi come ci stiamo preparando a questo appuntamento?

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