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La Polonia ricorda il card. Wyszynski, “eroe” della fede. A settembre sarà beato

Il 28 maggio 1981 moriva Stefan Wyszyński, il porporato grande amico di Papa Wojtyla. Dopo aver lottato contro la furia nazista, fu perseguitato dal regime comunista. Riconosciuto come “guida spirituale della nazione”, ebbe un ruolo fondamentale nel difficile processo di democratizzazione del Paese, avviato con la nascita di Solidarnosc e la storica visita di Giovanni Paolo II nel 1979

(foto ANSA/SIR)

Quarant’anni fa moriva il cardinale polacco Stefan Wyszyński. Fu lui, nel conclave dell’autunno del 1978, a dire con voce ferma quel “se ti scelgono, devi accettare”, al suo compagno e amico fraterno cardinal Karol Wojtyla. Un invito che qualche giorno dopo, in segno di rispetto, non gli impedì di inginocchiarsi davanti al nuovo vescovo di Roma, Giovanni Paolo II, suo connazionale, di una ventina d’anni più giovane, cui promise ubbidienza e fedeltà. Virtù che mantenne con estrema fedeltà fino a quando, a causa di una neoplasia diffusa, chiuse i suoi occhi alla vita terrena a Varsavia. Era il 28 maggio del 1981. Le solenni esequie di colui che ormai da tutti era già venerato come il Primate del Millennio, presiedute dall’allora Segretario di Stato Vaticano card. Agostino Casaroli, si svolsero qualche giorno dopo sempre nella capitale polacca.  A concelebrare con lui, numerosi cardinali e vescovi provenienti dal mondo intero. Tra questi anche l’allora arcivescovo di Monaco e Frisinga mons. Joseph Ratzinger. Nulla poterono le autorità della Polonia comunista già indebolite nella primavera del 1981 dall’insorgere del movimento popolare di Solidarność. Dovettero infatti piegarsi al volere del popolo e acconsentire a una cerimonia religiosa pubblica con milioni di fedeli profondamente afflitti per la perdita della “guida spirituale della nazione”. la celebrazione, seguita da milioni di fedeli, avvenne a pochi giorni dall’attentato verificatosi in piazza San Pietro contro Giovanni Paolo II in quel momento ancora convalescente e vittima di uno stato di salute ancora piuttosto precario.

Amore per la patria. Il cardinale Stefan Wyszyński nasce il 3 agosto 1901 a Zuzela nella regione di Masovia. La sua è stata sicuramente una storia difficile e appassionante. Dopo gli anni di seminario, a 23 anni, il 3 agosto del 1924 viene ordinato sacerdote per la diocesi di Włocławek dal vescovo Wojciech Stanisław Owczarek, ausiliare della medesima diocesi. A nominarlo vescovo di Lublino, nel 1946, sarà Papa Pio XII. Nel 1948 lo stesso Pio XII lo promosse Arcivescovo di Gniezno e Varsavia e contestualmente Primate di Polonia. Dal 1948 al 1953 fu Presidente della Conferenza Episcopale Polacca. Nel gennaio del 1953 venne creato Cardinale di Santa Romana Chiesa, del titolo di Santa Maria in Trastevere. Nel settembre successivo le autorità comuniste polacche scatenarono una vera persecuzione contro la Chiesa Cattolica e il Cardinale Wyszyński venne posto ai domiciliari e rilasciato soltanto nell’ottobre 1956.  Nel settembre del ’53, a pochi mesi dalla sua elevazione al cardinalato – da lui stesso considerata peraltro non un riconoscimento personale bensì “una medaglia conferita alla Polonia credente e sempre fedele” – le autorità comuniste imprigionarono Wyszyński, isolandolo totalmente dal mondo. Per oltre tre anni quindi, le autorità impedirono al presule di recarsi a Roma per ricevere la porpora.

A svelare la sua spiritualità sono però gli scritti del tempo della prigionia, tra gli anni 1953-56. Come ha rammentato di recente l’arcivescovo di Varsavia card. Kazimierz Nycz, la storia di Wyszyński è stata improntata all’unità tra la sua vita e il magistero della Chiesa. Partendo dalle parole “Soli Deo” inserite nel suo stemma vescovile, Wyszyński – ha detto l’arcivescovo della capitale polacca –  fu “l’uomo dell’amore per la patria e per la Chiesa, per i nemici e per ogni uomo”.

Fu “l’uomo della speranza pronto ad affidarsi alla Provvidenza e l’uomo della saggezza capace di guardare avanti, perfino nella prospettiva di centinaia di anni”. Non solo. Wyszyński fu “l’uomo della fede, convinto della validità degli atti di fede, e delle manifestazioni quotidiane della religiosità”, e anche “l’esempio del sacerdote e del vescovo, dell’uomo operoso, conscio dell’importanza del lavoro per la Chiesa e il popolo”.

Solo al termine della sua prigionia, periodo difficile ma anche estremamente fecondo, il 30 maggio del 1957 il card. Stefan Wyszyński riuscì finalmente a recarsi a Roma e a prendere ufficialmente possesso della basilica di S. Maria in Trastevere, sua chiesa titolare.

Il regime comunista considerava infatti il neo cardinale un pericoloso nemico.

Legame con Roma. Nel suo diario, si legge di un episodio avvenuto proprio nel 1957 durante il suo viaggio in Italia. In quelle pagine, Wyszyński racconta che “recandosi con fervore e fede nella capitale spirituale della cristianità” di aver portato con sé in dono “una copia dell’effigie miracolosa della Madonna di Jasna Góra Regina di Polonia”. Un’immagine sacra a lui e a tutto il popolo polacco che aveva deciso di consegnare al Pontefice “quale simbolo dell’unione della Polonia con la capitale del mondo”.

Del resto, anche l’assegnazione della basilica sita in Trastevere come sua sede titolare, la prima dedicata a Maria nella città eterna,  fu per lui un ulteriore “segno del legame spirituale che univa in maniera indissolubile Roma e la sua Polonia”. Fu sempre lui il promotore di un’iniziativa che coinvolse tutto il Paese: una grande novena di preghiera, propedeutica al Millennio del cristianesimo, che venne celebrata a Jasna Góra il 3 maggio del 1966. Un evento al quale invitò il Pontefice di allora, Papa Paolo VI che però non ebbe la possibilità di partecipare a causa di un deciso rifiuto espresso senza mezzi termini dalle autorità dello Stato.

La visita di Giovanni Paolo II. Emozionante e indimenticabile per lui fu il primo viaggio in Polonia di Giovanni Paolo II, avvenuto nella tarda primavera del 1979. Fu un capolavoro di diplomazia svolto in prima persona dal Primate polacco.  Wyszyński infatti riuscì a convincere le autorità comuniste che la visita nella sua terra dell’ex arcivescovo di Cracovia non sarebbe stata un problema, bensì, al contrario, avrebbe generato solo risultati positivi per il Paese in primis e per tutti. In effetti, le parole pronunciate da Papa Wojtyła il 2 giugno del 1979 a Varsavia, durante la messa solenne ufficiata a cielo aperto davanti a milioni di fedeli,  per lo più in diretta nella tv pubblica (nonostante il divieto di trasmissioni religiose), cambiarono non solo la Polonia ma di lì a poco anche l’Europa e il mondo. Un cambiamento epocale il cui apice è conciso con la caduta del muro che divideva l’Est dall’Ovest.

Madre Róża Maria Czacka. Il cardinal Stefan Wyszyński il 12 settembre prossimo sarà proclamato beato. Una cerimonia solenne, fortemente attesa dal popolo polacco che si svolgerà a Varsavia nella stessa piazza dove, nel 1979, parlò Giovanni Paolo II. La stessa piazza dove nel 1981 si svolsero le solenni esequie del Primate del Millennio. Insieme a Wyszyński agli onori degli altari salirà anche Madre Róża Maria Czacka (1896-1961), fondatrice dell’Opera per i non vedenti, la prima in Polonia, e del Centro per i non vedenti a Laski vicino a Varsavia. Madre Czacka e il cardinale Wyszyński si conoscevano, e per un certo periodo, negli anni della guerra, lavorarono insieme. Entrambi si prodigarono a far scorgere agli altri una luce di speranza nella notte più buia. È giusto che non siano dimenticati.

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