L’Osservatore Romano. Monda: “Il comunicatore cristiano guarda al futuro”

"Il dramma della pandemia ci costringe ad essenzializzare il nostro stile comunicativo, che è fatto di verità, di bellezza, di storie che nessuno racconta. E, soprattutto, della capacità di immaginare il futuro".  Ne è convinto il direttore de L'Osservatore Romano, Andrea Monda, che traccia l'identikit del comunicatore cattolico "post Covid" e spiega al Sir le novità della "ripartenza" del quotidiano del Papa, dal 4 ottobre disponibile in un nuovo formato cartaceo e digitale. Parola chiave: approfondimento.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

L’Osservatore Romano si rinnova nella grafica e nei contenuti e si integra nel sistema dei media vaticani per offrire più approfondimenti. La nuova versione del quotidiano del Papa sarà disponibile sia su carta sia sul digitale grazie alla nuova App, scaricabile gratuitamente sia su AppStore che su PlayStore. Da domenica 4 ottobre – giorno in cui il quotidiano della Santa Sede pubblicherà la nuova enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti” – ogni giorno otto pagine sull’attualità vaticana, religiosa, politica e culturale integrate da un inserto tematico: il martedì pomeriggio “Quattropagine”, il settimanale culturale; il mercoledì pomeriggio “Religio”, dedicato alla Chiesa ospedale da campo in cammino sulle vie del mondo; il giovedì pomeriggio “La settimana di Papa Francesco”, per fissare parole e gesti del Pontefice; il venerdì pomeriggio “Atlante”, le “cronache di un mondo globalizzato”. Ne parliamo con il direttore, Andrea Monda.

Prof. Monda, il 4 ottobre l’Osservatore Romano sarà disponibile su carta e sul digitale. Qual è l’importanza di questo doppio formato, che taglierà il traguardo proprio il giorno in cui sarà resa pubblica la nuova enciclica di Papa Francesco?
Il 4 ottobre non è un vero e proprio ritorno, ma una ripartenza, perché il progetto era già in piedi dieci mesi fa.

Si tratta di un ripensamento del quotidiano della Santa Sede, con un nuovo formato e una nuova impostazione.

Un progetto che, purtroppo, ha conosciuto un rallentamento a causa della pandemia, che ha costretto a sospendere la stampa: è stato un momento di prova, che però ha accelerato la realizzazione del progetto. Nei sei mesi di blocco, infatti, si è intensificata la nostra presenza in rete con risultati molto interessanti: la App e la newsletter hanno fatto riscontrare da subito un nuovo interesse, da parte degli abbonati e dei lettori. Così incominciamo ora una stagione nuova, con un giornale integrato nel sistema dei media vaticani, su carta e digitale. Il formato è più piccolo, più maneggevole, il nuovo font è più grande e più leggibile.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Approfondimento” è la parola chiave della ripartenza del giornale. Come si declinerà?
Ci sarà più approfondimento, che comincerà con una notizia in prima pagina e una grande foto scelta dalla redazione, seguita da altre tre pagine di approfondimento. In ogni numero del giornale, ci sarà un inserto estraibile nelle pagine centrali – il cuore del giornale – per gli approfondimenti tematici. Diminuendo la dimensione delle pagine, aumenta la foliazione: le pagine diventano 12, di cui 8 numerate normalmente e le quattro nell’inserto interno numerate con numeri romani. Il formato più standard rende inoltre L’Osservatore Romano ancora più universale:

non ci sarà più una rotativa unica centrale in Vaticano, ma la stampa sarà delocalizzata in tutto il mondo,

a evidenziare ancora di più l’universalità del ‘giornale del Papa’, un giornale veramente ‘cattolico’. Del resto, L’Osservatore Romano è l’unico vero quotidiano universale, visto che viene distribuito in 7 lingue nei 5 continenti.

C’è qualche tema, in particolare, che verrà approfondito durante la settimana?
Nell’approfondimento religioso, ogni mercoledì, ci sarà sempre la rubrica “Ospedale da campo”, che è l’espressione usata da Papa Francesco fin dall’inizio del pontificato per definire la Chiesa. All’interno della rubrica raccontiamo storie che altri non raccontano. Storie che hanno visto una Chiesa compagna di strada che cura le ferite di una umanità dolente.

Dopo questa crisi, niente sarà più come prima, ripete spesso il Santo Padre. C’è un “dopo pandemia” anche sul versante della comunicazione?
Sì, forse anche per la comunicazione vale quello che il Papa ha detto il 27 marzo scorso: è l’ora del giudizio, non del giudizio di Dio ma di quello dell’uomo. È l’ora di valutare, di ponderare, di vedere se per caso abbiamo accumulato cose che non valgono. È l’ora di discernere le cose che valgono dalle cose che non durano. In questa prospettiva, anche un dramma come quello della pandemia può essere l’occasione di un ritorno all’essenziale della comunicazione umana, che per noi media cattolici è una comunione cristiana. C’è solo una cosa peggiore della crisi, sprecarla, ha detto il Santo Padre, che alla rivista belga Tertio ha spiegato che

il comunicatore cristiano guarda al futuro:

deve presentare all’uomo di oggi un futuro possibile. Se il futuro è possibile, il presente diventa vivibile. Il dramma della pandemia ci costringe ad essenzializzare il nostro stile comunicativo, che è fatto di verità, di bellezza, di storie che nessuno racconta. E, soprattutto, della capacità di immaginare il futuro.

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