Natale 2025: mons. Brambilla (Novara), “solo nel gioco di luce e tenebra possiamo entrare nel cuore del suo mistero santo”

“Un amico mi ha inviato questa domanda: Dio si comunica attraverso la luce (Gregorio Palamas) o si comunica nelle tenebre (Giovanni della Croce)?”. Parte da questo interrogativo la riflessione che mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, propone in occasione del Natale.
“I due aspetti di luce e tenebre nella conoscenza e rivelazione di Dio, fanno riferimento al significato del termine re-velatio: la ‘rivelazione’, poiché – osserva il presule – è il dono della vita stessa di Dio, comporta un aspetto di dono e comunicazione, ma anche di libertà e di gratuità, perché il dono/comunicazione non sia ricevuto come una ‘cosa’, ma come una vita che può essere donata solo in quanto accolta come dono e non come proprio possesso”. “Le due grandi metafore della luce e delle tenebre – prosegue mons. Brambilla – dicono i due lati di questa rivelazione/velamento e donazione/dono che non possono essere posseduti o sequestrati, ma solo ricevuti nella libertà con-fidente”. “La sua approssimazione antropologica più alta – sottolinea il vescovo – è l’amore umano (in particolare tra uomo e donna) che, mentre svela, vela anche; che, mentre dona, non può farsi sequestrare dal donatario, perché verrebbe meno la libertà e la sorgente dell’amore donante: esso è ‘luce’ quando si percepisce la gioia della donazione/dono, è ‘tenebra’ quando si percepisce che la donazione/dono non diventa possesso, ma va accolto sempre nella libertà e nell’amore (la fede!)”. “Questo – spiega mons. Brambilla – genera anche la sofferta percezione che il dono sta solo dentro una relazione di donazione, che fa passare continuamente il desiderio da una libertà vorace e onnipotente (la concupiscenza) a un desiderio libero e confidente (la fede): perciò anche l’aspetto oscuro, di morte, di nube della rivelazione è luminoso, mentre la luce abbagliante della rivelazione genera sempre un cono di tenebra, che fa uscire la libertà da sé stessa, la mette sotto torchio, per entrare nell’avventura del mistero vivente e santo di Dio (la Scrittura è ricca di metafore: del roveto ardente, della terra santa, e di Dio non si può vedere se non di spalle ecc.)”. “Anche a Natale il Dio che si fa bambino, che si fa vicino, non è però un Dio addomesticabile, che si può mettere in tasca”, ammonisce il vescovo: “È lì inerme nel presepe perché te ne avvicini con stupore, a mani nude, se invece diventa un soprammobile della vita, è una delle cose della casa, ma non la rende una dimora piena della sua luce e del suo calore. Allora la luce sparisce subito dopo Natale, quando si spengono le luci e tacciono le voci”. “Solo nel gioco di luce e tenebra possiamo entrare nel cuore del suo mistero santo!”, conclude mons. Brambilla.

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