“Natale continua a ricordarci il legame tra Dio e la debolezza umana. Di qualsiasi genere”. Lo ha scritto il vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Adriano Cevolotto, nel messaggio di auguri natalizi alla diocesi.
“Ci sono dei comportamenti del tempo di Natale che ci devono indurre a riflettere”, osserva il presule, evidenziando che “non si può dire che manchi la generosità verso le situazioni che non potrebbero stare in piedi se non ci fosse questa mobilitazione generale. È fuori discussione il valore di tanta solidarietà. Da sostenere, da incoraggiare”. “Ad un certo momento però – rileva mons. Cevolotto – insorge il bisogno di lasciare fuori campo questo mondo per concentrarsi sulle cose belle, sulla spensieratezza, almeno… a Natale”. “In questo modo la preoccupazione (espressa da molti nell’augurio che ci scambiamo) è che Natale sia una bella giornata”, ammonisce il vescovo: “Bella equivale ad una giornata che prevede un’operazione di rimozione di quello che dentro di noi e fuori di noi ci disturba, ci fa star male. La potremmo chiamare legittima difesa psicologica” che “è sempre più diffusa”. Ma “la realtà più profonda del Natale che celebriamo, l’Incarnazione del Figlio di Dio, si impasta con la piccolezza, la debolezza e la povertà economica e sociale dell’umanità”, ricorda il vescovo: “In questo senso associare Natale e poveri è un approccio teologico. Perché in questo modo il Dio di Gesù ha scelto di entrare nella storia”. “Si è fatto povero tra i poveri”, continua mons. Cevolotto: “In questo mistero della nostra fede contempliamo il Dio che non fa mancare ad ogni essere umano la sua presenza, qualunque sia l’abisso nel quale la vita possa averlo fatto rotolare. Non solo per non farlo sentire solo ma per aprire un futuro altrimenti inimmaginabile”. “Nessun essere umano – sottolinea il vescovo – sceglie la debolezza, a nessuno piace stare a lungo dentro alla povertà e alla precarietà. Solo l’Amore di Dio è l’annuncio del Natale continua a venire e a porre la sua tenda nei nostri deserti, nelle nostre desolazioni, nelle povertà e nelle attese, così che riconoscendo la sua presenza impariamo ad abitarle con il suo stesso Amore. Abitare le nostre e quelle altrui. Con la medesima passione”.