Natale 2025: mons. Neri (Otranto), “Gesù è amante dei poveri”

“Gesù è amante dei poveri” e l’ultimo giorno “ci giudicherà a partire da quello che avremo fatto ai suoi fratelli più piccoli, appunto ai poveri di ogni specie, secondo il catalogo delle sette opere di misericordia corporale”. Lo scrive, nel suo messaggio di Natale, l’arcivescovo di Otranto, mons. Francesco Neri. “I poveri – gli anawim – sono il modello del credente, perché confidano solo in Dio, loro unica ricchezza”, scrive il presule: “Gesù stesso era povero. È stato povero in senso economico e sociale, in quanto proveniente da una famiglia di poveri, che non ha potuto offrire al tempio se non una coppia di tortore. I poveri, dunque, per Gesù hanno avuto il volto di Maria e Giuseppe”. “Chi ama dona. Dona tutto ciò che è, tutto ciò che ha, tutto ciò che fa, e perciò, avendo donato tutto, rimane senza nulla, come i poveri”, scrive mons. Neri: la povertà è una “prospettiva dalla quale si può riassumere tutto il mistero di Cristo, nella sua prima fase, quella dell’abbassamento che precede l’esaltazione”. “Poiché il povero è colui che non dispone delle risorse necessarie a vivere, dobbiamo ammettere – scrive mons. Neri – che siamo tutti poveri, in quanto tutto quello di cui abbiamo bisogno di prenderlo dall’esterno. Nella sfera della vita fisica, dall’esterno dobbiamo assumere ossigeno, altrimenti moriremmo per asfissia, e poi dobbiamo ingerire un po’ di cibo e un po’ di bevanda, altrimenti moriamo di fame e di sete. Nella sfera della spiritualità, dipendiamo dagli altri per il nostro bisogno di conoscere, in quanto per conoscere e capire la realtà non possiamo non confrontarci con gli altri, che prima di noi hanno intrapreso questa ricerca. Nella stessa sfera, il bisogno di amare ed essere amati suppone un altro, poiché non possiamo amarci da soli, e dire a qualcuno ‘ti voglio bene’ significa in fondo dirgli ‘ho bisogno di te’, e dunque dichiarargli la nostra povertà”. Nonostante che siamo tutti “strutturalmente” dei poveri, “siamo in continua fuga dalla nostra povertà. Ci stordiamo con mille attività, per non rientrare al centro di noi stessi e prenderne atto. E recitiamo mille ruoli, per essere come gli altri crediamo che desiderino che siamo. Poiché abbiamo paura che la nostra povertà ci renda indegni di essere amati dagli altri, puntiamo a farci ammirare per essere accettati”, è la constatazione del presule che aggiunge: “Gesù non è venuto per i perfetti, o per quelli che ritengono di essere tali. Gesù è venuto per i poveri. Gesù viene a dirci che, in lui, Dio ci ama così come siamo; che non abbiamo bisogno di essere diversi per essere amati; che Dio non ci ama a condizione di essere perfetti; anzi, che Dio ha voluto farci così: come siamo usciti dalle sue mani andiamo benissimo e, se abbiamo da cambiare, è perché Dio vuole il nostro meglio”. Mons. Neri invita a leggere l’esortazione apostolica “Dilexi te” di Papa Leone XIV, dedicata all’amore verso i poveri e “ad assimilarla e farvene plasmare”. E poi “coinvolgervi” nelle iniziative della Caritas diocesana: la mensa “Buon Pastore”, l’Orto solidale, lo Sportello giuridico, il Centro diurno “Fratelli tutti”, e tante altre. E anche “se non abbiamo possibilità di impegnarci con la Caritas della Diocesi o delle parrocchie, e con le altre associazioni di volontariato, rimane sempre il grande campo degli incontri personali. C’è chi è povero di compagnia, e con una visita possiamo spezzare il terribile sepolcro della solitudine. C’è chi è povero di ascolto, e possiamo regalargli con pazienza un’ora del nostro tempo perché possa trovare un interlocutore. C’è chi è affaticato e oppresso, povero di consolazione, a cui possiamo offrire il conforto della parola del Signore e della nostra amicizia”.

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