Ieri sera presso l’Ospedale dell’Angelo di Mestre, il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha presieduto un’altra delle Messe pre-natalizie di questi giorni, su invito della stessa azienda sanitaria. Dopo le due carceri maschile e femminile e il Petrolchimico, il Patriarca ha celebrato per i malati e il mondo della sanità. La celebrazione è stata curata dalla Cappellania dell’Ospedale ed è stata animata dal coro di bambini e di giovani della parrocchia di San Giovanni Evangelista di Mestre. Presente il direttore generale dell’Ulss3 Serenissima Edgardo Contato, insieme a diversi dirigenti e medici dell’azienda sanitaria. “Prepararsi al Natale – ha detto il Patriarca durante l’omelia – vuol dire diventare luoghi accoglienti per il Signore e così esprimere il senso del Natale. Essere accoglienti anche per le persone che ci stanno accanto, accogliere chi ha problemi, chi è in difficoltà, accogliere chi soffre. Natale è tenere accesa una luce, restando desti mentre attorno aumentano le tenebre”. Per monsignor Moraglia la fede è necessaria per riscoprire le relazioni e rimettere l’uomo al centro: “Siamo reduci da un anno di svolte epocali: le guerre, l’intelligenza artificiale dominata da pochi e con piattaforme sempre più potenti, l’Europa che fatica a capire cosa dovrà fare e non potrà solo avere un progetto di difesa, ma anche un progetto politico positivo di costruzione sociale. Tutto questo ci dice che l’umanità ha bisogno di Dio, perché Dio è relazione”.
Infine un ricordo: “Ero giovane viceparroco, e il mio parroco mi disse: ‘Ricordati che nel Vangelo c’è tutto’. Andando avanti con la vita mi sono accorto che se si leggono i Vangeli pregandoli, cercando quella sapienza che traspare da quelle brevi, piccole pagine, troviamo che nei Vangeli c’è la risposta i problemi dell’uomo. Nella mia vita mi è capitato di dover studiare teologia, scrivere di teologia, insegnare trent’anni e partecipare a convegni…ma le parole del mio parroco le ho riscontrate come verissime. Nel Vangelo c’è tutto. Il Signore non è accolto perché manchino spazi, ma perché chiede la conversione, che richiede la battaglia fondamentale per la nostra vita, lavorare su sé stessi. Purtroppo infatti possiamo correre il rischio di tacitare i superiori, maltrattare i collaboratori, perseguitare i deboli…la vera battaglia la vinciamo contro noi stessi”.