Striscia di Gaza: card. Pizzaballa, “dalla comunità cristiana gazawa una grande testimonianza di fede”

(Foto Latin Patriarchate)

“A Gaza ho trovato un clima molto cambiato: ci sono ancora episodi di attacchi qua e là, ma non c’è la guerra. Quindi ho visto una certa ripresa della vita e ho percepito un desiderio molto chiaro di ricominciare a vivere. Si vede più gente in giro, il cibo c’è. Bisogna riconoscere che adesso gli aiuti entrano, anche se sono soprattutto commerciali e poco umanitari”. Così il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, commenta al Sir la sua visita alla parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza che si è chiusa ieri (dal 19 dicembre). In questi due giorni il cardinale ha incontrato gli oltre 400 rifugiati accolti nelle strutture parrocchiali, parlato con loro, amministrato il sacramento del Battesimo ad un bimbo di tre mesi, che è stato chiamato Marco, e celebrato sette Prime Comunioni. Non è mancata anche una ricognizione all’esterno della parrocchia fino alla spiaggia dove sono state collocate vaste tendopoli allagate e divelte dal vento e dalla pioggia di questi ultimi giorni. Rispetto alla sua ultima visita a Gaza, a luglio di quest’anno – effettuata insieme al patriarca greco-ortodosso, Teofilo, in seguito all’attacco alla parrocchia latina – il cardinale spiega che, se da un lato, “oggi si trova un po’ di tutto e non c’è la fame, e questo va detto”, dall’altro “la situazione è pressoché invariata con la gente vive nelle tende senza nulla. Adesso, con il freddo, ciò che manca sono le coperte, le strutture per ripararsi dal vento e dalle piogge. Le condizioni di vita sono povere e ci sono un sacco di bambini per le strade, senza scuola”. “Gaza – aggiunge – è un po’ un simbolo oggi. Lo si voglia o no, è un simbolo del conflitto che si sta vivendo, della fatica di starci dentro e della tentazione della fuga. E la comunità cristiana di Gaza, con la sua presenza e impegno costante nell’aiutare la popolazione, è esemplare nel testimoniare che questo è quello che siamo e questo è quello che saremo. È una comunità che ha dato la sua testimonianza di fede”.

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